RECENSIONE A CURA DI LEONARDO FABBRI

Siamo a Cipro, casa dei Winter’s Verge. Un paese particolare, con radici e influenze turche e greche, ne vicino né lontano. Tra le migliori metal band di Cipro, grandi live performer, i migliori musicisti della scena rock locale. In piedi dal 2005 con 3 EP e 4 LP al loro attivo. Il più recente nel 2020 per la Pride & JoyMusic, ripropongo un concept omaggiando i testi di Frixos Masouras, tra i più famosi e apprezzati drammaturghi appartenenti alla loro terra. Il livello sembra alto. Tirando le somme, i sette lavori realizzati, in quindici anni dal loro esordio, fanno presagire che non è solo apparenza, bensì consistenza, sia nel loro paese che a livello internazionale. Estraendo qualche info dalla loro bio, risulta che hanno un buon seguito, nei paesi dove hanno potuto vederli partecipare a festival musicali in Est Europa come spalla di band di primissimo livello. Il genere proposto, e faccio riferimento a quanto disponibile in termine di informazioni pescate qua e la come “una potente miscela di metal epico, melodico e sinfonico”. Concept + epic sono un connubio perfetto. Quando si parla di questa mix di generi includendo anche il fantasy possiamo sbizzarrirci con un infinità di appellativi, dall’eroico al tamarro, chi lo esalta ai massimi livelli, e chi lo stronca, chi come me tendenzialmente lo sopporta quasi sempre. Giuro che ci ho provato, ma confesso, che ascoltare “The Ballad of James Tig” tutto in una tirata è stata (per me) una bella impresa. Sono a mio avviso quella specie di lavori che è necessario avere una predisposizione particolare per poterli apprezzare fino all’ultima nota. Troppo impegnativi e stancanti per le mie capacità di ascolto, ma la mia funzione è di valutare il loro lavoro nel modo più sincero. Attuando il metodo del piccolo dosaggio, un paio di brani per volta al massimo, scopro che Winter’ Virge è veramente un gran bella band. Porto le mani avanti, W.’s V. hanno poco a che fare con il metal. Sono un ensemble di generi più o meno potenti, con una base melodica costante, che a fronte di ritmiche serrate sporadiche, tendono al primo acchito a sembrare pomposi e accattivanti passando dalle prime atmosfere più hard alle centrali più recitate e sentite, alle finali in chiave Irish folk. Non importa quanto il brano sia lungo, importa quante informazioni e quante sfumature ci sono all’interno e come si armonizzano nell’economia del brano stesso, e in certi brani, a mio giudizio siamo al limite della saturazione soprattutto nelle parti vocali, con intrecci e sovrapposizioni, nella quantità di strumenti presenti.
Che ci sia dello spessore, è fuori ombra di dubbio, i sei della line up, presi uno per uno hanno stoffa da vendere, ma quando uniscono le loro capacità il risultato è il riassunto di un prodotto barocco, ornato da fronzoli che mi fa pensare il tanto si più nelle mie corde il concetto attuale di “less is more”. È un genere da amatori, che oltre a loro, adorano, Bling Guardian, Stratovaius, Nightwish e tutto il filone fiabesco derivante. Winter’s Verge è oltre, soprattutto quando per me è a tratti troppo “arrangiato” persino “The wake of magellan“ dei Savatage dove la componente sinfonica è si determinante ma trattata con il giusto spazio e con il giusto gusto (disco meraviglioso). The Ballad of James Tig, è un disco per certi versi estremo nel suo genere dove l’influenza sinfonica in chiave kitsch è la sua linfa vitale. Se vogliamo passare ogni brano al setaccio, ognuno di loro è un opera singola che si scontra con il concetto di concept e persino lo strumentale quinto estratto “killagorak” di poco meno di tre minuti, ha tutte le carte in regola di fare storia a se, a dimostrazione del fatto che in ogni brano è presente all’interno tutto quello c’è bisogno, la melodia, la potenza, l’arrangiamento, l’atmosfera, e il sentimento. It Begins (primo il brano), è quanto di più appassionante si possa trovare all’interno di un brano che sfiora la soglia dei sette minuti. ll ritornello ripetuto per cinque volte leggermente diverse tra di loro, alla fine risulta spontaneo dire… anche basta! Posso ripetermi, in pieno stile Winter’s Verge anche nel secondo brano “A thousand souls” che si presenta con un’aria in pieno stile “Mordred’s song”, o “Dead Reckoning“ che unisce la potenza del genere, epic, e il cantato fiabesco e struggente. Timeless, il quarto brano, non ha niente di metal. Ballad di tastiere e un duetto di voce maschile e femminile della tastierista. È tutt’altro che un brutto brano, ma lo puoi trovare benissimo in lavoro di Celin Dion se non fosse per l’assolo finale di chitarra. In “I accept” sono presenti anche una sorta di cori riconducibili al gregoriano, sullo stile dell’intro di “Suite Sister Mary” dei Queensryche, che nell’insieme non è affatto male per l’ottimo cantato completamente al femminile. Se dobbiamo ritrovare un sincero riff di chitarra, passiamo al “Blood on the Foam” un brano cadenzato con riferimenti alle sonorità dai già citati Blind Guardian nel loro lustro più sinfonico. I rimanenti due brani “The Sea” e la Title track, concludono questo generoso lavoro. Il primo è un tributo ai già citati Nightwish dove la voce femminile, con un pò di presunzione, desidera arrivare al livello della Turunen. Sarà per la prossima volta… anche se il brano è veramente coinvolgente. Ultimo in elenco “The Ballad of James Tig” direttamente dalla bettola di un porto di mare, tamburello, chitarra, qualche strumento popolare, e un canto malinconico. George Charalambous alla voce, Deniel Pavlovsky e Savvas Parperi alle chitarre, Stavry Michael alle tastiere, Miguel Trapezaris al basso e Danny Georgiou alla batteria, loro sono i Winter’s Verge. Concludo, apprezzo il loro lavoro, curatissimo, e suonato benissimo. Bravi e convinti. Non mi hanno lasciato a bocca aperta ma un buon voto se lo meritano. VOTO 7.0