RECENSIONE A CURA DI Matteo “Kid M” Nazzarri

Il vino rosso è una bevanda alcolica tipica dell’area mediterranea, ottenuta per fermentazione del mosto d’uva nera. Il processo produttivo, detto vinificazione in rosso, prevede la macerazione delle bucce degli acini insieme al succo ottenuto dalla loro spremitura (inizialmente color giallognolo); ciò permette la diluizione di varie molecole dalle bucce al succo, tra le quali anche coloranti naturali chiamati antocianine. Sono infatti rarissime le uve che possiedono la polpa scura e che, appena spremute, danno luogo ad un succo già rosso. Fra i vari benefici che presenta l’assunzione del vino vi è sicuramente l’alterazione a livello temporaneo della capacità cognitiva, cosa che senz’ombra di dubbio può consentire di far auscultare in maniera totalmente irrazionale ma “sana” il nuovo album dei Wine Guardian chiamato per l’occasione TIMESCAPE e rilasciato sulle piattaforme digitali in maggio 2021. I Wine Guardian sono un ensemble musicale Prog Rock/Metal che si forma nel lontano 2008 per merito delle menti eccelse di Lorenzo Parigi, Stefano Capitani e Davide Sgarbi e che nel loro iniziale intento ha la netta volontà di creare un’originale commistione fra musica classica ed heavy metal. Dopo la pubblicazione di un Extended Play di produzione propria notevole dal titolo FOOL’S PARADISE (di matrice duemilaquattordicinesca) e la conseguente gestazione della loro opera prima sulla lunga distanza denominata ONIRICA risalente all’A.D. 2017, nell’attuale 2021 i nostri danno alle stampe il loro nuovo album TIMESCAPE. Il lavoro si articola in maniera godibilissima nell’arco temporale di ben 56 minuti, durante i quali non vengono affatto disattese le aspettative progressive che sono un chiaro riferimento allo stile musicale dei ragazzi. Il brano opener CHEMICAL INDULGENCE è un grandissimo pezzo canoro che alterna momenti melodici nei quali la voce suadente di Parigi appare alquanto cristallina e stilosa a momenti nei quali l’inciso raggiunge atmosfere “growliane” ma assolutamente non di carattere invasivo. Il tutto perfettamente conciliante ed avvolgente. L’elemento melodico appare contraddistinguere in maniera marcata il resto di TIMESCAPE e per esempio lo ritroviamo in uno dei brani più belli a mio avviso dell’intero album, LITTLE BOY, dove secondo me è stato ben raggiunto il giusto compromesso fra la bravura tecnica ed il groove indimenticabile che scaturisce dai fantastici 7 minuti e 51 secondi relativi. Degni di nota sono anche gli altri bei brani MAGUS, DIGITAL DHARMA e soprattutto la prog THE ASTOUNDING JOURNEY, che in poco più di 12 minuti riesce a fare sublimare l’essenza del suonare intimo e dilatato. Bonbon finale ma non meno importante per questo il brano 1935, una chicca suonata a mò di acustico e dove la voce di Lorenzo Parigi ricorda molto la delicatezza e signorilità di Jon Anderson. Sostanzialmente si tratta di un’opera seconda che ritengo non abbia affatto nulla da invidiare a tanti altri lavori dell’epoca d’oro del Prog. VOTO 7.0