Unwise

RECENSIONE A CURA DI MATTEO “KID M” NAZZARRI

“…O Mia Bela Madunina Che Te Brillet De Lontan…”, così recitava nel lontano 1934 il testo di una delle più famose canzoni dedicate alla città di Milano creato ad hoc dal compianto Giovanni D’Anzi. E davvero lontano hanno lo sguardo puntato gli Unwise, band progressive metal originaria del capoluogo lombardo e capitanata dall’eccellente frontman Luca Zontini.
Gli Unwise nel lontano 2013 hanno esordito nel campo discografico portando alla luce un’opera prima molto convincente intitolata “One” al quale segue questo secondo lavoro, intitolato “HumaNation” e rilasciato su tutte le piattaforme digitali il 21 Gennaio 2021.
Lo stile musicale degli Unwise appare fin da subito piuttosto complesso ed articolato, capace di virare su circostanze che risentono profondamente di un’atmosfera minimalista e a grandi tratti malinconica, evitando se possibile la ricerca di una soluzione complicata o addirittura aggressiva.
Riguardo HumaNation, le influenze musicali dei nostri appaiono ben riconoscibili fin dall’iniziale intro “Mindwalk” e la successiva track “Unexpected”: Dream Theater, Queensryche e Fates Warning la fanno letteralmente da padroni per quanto riguarda l’aura ispirativa che riescono ad infondere nelle menti, nelle anime e negli strumenti dei ragazzi meneghini.
La prima parte del disco risulta essere di sicuro quella più vicina ad uno stile musicale riconducibile al progressive metal misto con lo speed metal, per via di brani vivaci e ritmati quali “Unexpected”, “Rave Nu World”, “The Dirtier Job” e “iGod”. Sono questi tutti brani suggellati dalla maestria e notevole bravura del chitarrista Alessandro Codazzi, del batterista Roberto Pintus, del bassista Mauro Colombo e del vocalist Luca Zontini.
A metà del lavoro trova spazio anche un’interessantissima suite intitolata “The Sun Also Rises”, suddivisa a sua volta in prima e seconda parte chiamate rispettivamente ‘Twilight Of Morning’ e ‘The Mirror’, quest’ultima contraddistinta dal suo mood ammaliante e dalle sue belle melodie. Si segnala infine davvero degna di nota la conclusiva “Ripple Effect”, suadente brano finale che chiude il tutto in maniera egregia e che riporta al suo interno la collaborazione fra tre diverse voci una migliore dell’altra (Luca Zontini, Mary Lowndes e Susanna Brigatti).
Senz’ombra di alcun dubbio mi sento di poter dire che gli Unwise con questo HumaNation dimostrano di avere fra le loro armi migliori a disposizione sia un’ottima capacità compositiva che un’ottima tecnica di esecuzione: Zontini è un cantante assolutamente sopraffino ed emozionale, che in molte situazioni fa tornare alla mente dell’ascoltatore James LaBrie, Codazzi è formidabile con la sua chitarra, così come dietro i piatti Pintus picchia quelle rockeggianti pelli come un vero assatanato del rock, coadiuvato dal tappeto musicale stupefacente di Colombo.
Ascoltando l’intero album torna alla mente di sicuro un album del passato targato “Anni ‘90” come “Metropolis Pt. 2: Scenes From A Memory” dei celeberrimi Dream Theater.
In conclusione, c’è un detto notorio nel mondo della musica che dice “Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”. Non è il caso degli Unwise. VOTO 7.5

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