Triskelis

RECENSIONE A CURA DI ALESSANDRO BETTONI

In tutte le forme di arte vi sono personaggi che sentono il bisogno di poter esprimere le loro sensazioni e creare opere che riescano a soddisfare il proprio bisogno creativo, battendo, anche, strade inusuali al loro percorso artistico, portando alla luce, lavori soggetti a critiche feroci od a lodi sperticate.
TRISKELIS è la nuova creatura di Sergio Vinci, polistrumentista conosciuto nella scena metal italiana grazie alla sua militanza nei blacksters LIlyum (oltre ad aver inciso album con BIBLYS ed OIGRES), decidendo di dare sfogo al suo bisogno creativo, proponendoci questo progetto inusuale ed affascinante per la mancanza di parti vocali e chitarristiche, dove ad accompagnare basso e batteria (sia Acustica che Elettronica) vi sono suoni campionati e tastiere.
Il titolo dell’album è MALICON (esce a pochi mesi di distanza dall’esordio ORIOR), propone una musica visionaria ed onirica, dove a riff di basso si contrappongono suoni sintetizzati e parti di batteria, ora acustica ora elettronica in un melange sonoro, non di facile assimilazione ed ascolto.
La rottura degli schemi lascia abbastanza spiazzati, ma se avete la pazienza ed abbastanza apertura mentale, potrete essere catapultati in un mondo, che vi darà un’altra chiave di lettura dell’universo sconfinato che è la musica.
L’intro INROT ci fa planare sul mondo di MALICON con una discesa dolce, ma avvertendoci dei pericoli a cui dobbiamo andare incontro, infatti ci ritroviamo immediatamente nelle atmosfere gravi e sulfuree di GOMAM, dove il basso erge un muro sonoro, ed aiutato dalle parti elettroniche crea un’atmosfera orrorifica e di pericolo imminente, pochi attimi di apertura alla speranza che subito il suono si richiude nel dark ambient di MOSAR ricatapultandoci in atmosfere angoscianti e frenetiche, dove non riusciamo a vedere sprazzi di luce e la sensazione di claustrofobia è tangibile, che all’improvviso si apre nell’atmosfera più rilassata di AMOT, dove suoni (quasi space rock) elettronici, emulando un cantato femminile, danno sprazzi di tranquillità e di speranza.
Il viaggio continua con TIEV che subito ci riporta ad un’atmosfera tesa, dove basso e batteria rialzano la tensione con un ritmo serrato, mentre i sintetizzatori tessono un’atmosfera futuristica divenendo spettrale sul finire facendoci ripiombare in un luogo oscuro con la successiva NOESI dove atmosfere dense tolgono quasi il respiro, tanta è la disperazione che permea il pezzo. Parti di basso rallentate creano un muro, mentre le parti elettroniche rendono il pezzo claustrofobico anche se ammaliante, ma quando sembra che ogni speranza sia perduta esplode MALICON in tutta la sua dolcezza, dando un messaggio di calma e speranza all’ignaro viaggiatore che ha avuto il coraggio e la costanza di arrivare, quasi, alla fine di questo incredibile viaggio.
La title track ha suoni eterei e tranquilli, parte con il basso in primo piano, ed una batteria dall’incedere lento e rilassato le parti elettroniche sono soffuse e sognanti ed accompagnano il brano verso una fine più incalzante, ma sempre dalle atmosfere positive, che vengono spazzate via dall’inizio di RUATT che riporta l’atmosfera generale ad una tensione tangibile dove il suono greve del basso fa ripiombare il tutto in una sorta di oscurità maligna, ma da metà brano, suoni elettronici suadenti fanno da contrappunto all’oscurità generale lasciando un barlume di speranza ed addolcendo il clima generale del pezzo.
Arrivati alla fine si ha la sensazione di aver compiuto un viaggio non semplice, attraverso un mondo, che genera emozioni contrastanti che passano dall’inquietudine alla speranza in un’altalena emotiva importante.
Scelta coraggiosa quella di Sergio Vinci, che decide di mettersi in gioco con un progetto tanto ”strano” quanto complesso da ascoltare ma se siete vogliosi di ascoltare qualcosa di diverso, ma soprattutto siete pronti a qualcosa di diverso, MALICON fa al caso vostro. VOTO 7.5

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