RECENSIONE A CURA DI DANY NOX

THE MAGIK WAY è una band cult e leggendaria della scena esoterica italiana, nata nel Piemonte nella città di Alessandria nel 1996. Musicalmente presentano un’infinità di sfumature dall’Ambient Ritual alla Musica Occulta, dalle striscianti atmosfere delle colonne sonore alle allucinanti ritmiche di Black Metal e Dark Doom. Le visioni oscure che intrecciano musica e testi, annientano e pietrificano gli ascoltatori in un vortice di emozioni deliranti, visioni spaventose e distruzione ardente.
Hanno all’attivo un music video, una compilation, uno split e tre album tra cui “Il rinato” datato 2020, una vera rivelazione sulla scena della musica occulta italiana. Nella prevalenza di sonorità acustiche, sposate a testi che sono insieme poesia e rituali musicali, The Magik Way arriva a proporre una sorta di neofolk con varie influenze e sfumature particolari che possono incuriosire un pubblico vasto, incluso anche i metallari “raffinati” e “colti”, che non si accontentano di una mera accozzaglia di riff, urla e cadenze estreme, ma cercano di evolversi nella ricerca di orizzonti sempre più sperimentali ed innovativi.
Accordi semplici, testi strani nella loro forma ma ben delineati e perfettamente abbinati con il suono ed il ritmo in generale. Le percussioni risuonano ben cadenzati, e le atmosfere denotano una sinfonia monotona accompagnata dallo sfavillio di scintille che si spengono sul pavimento lordo come sciami di meteore nel cielo ardente. La sua struttura sonora s’arricchisce nel corso del suo svolgimento di formule che il complesso piemontese assorbe dal bagaglio al quale altri hanno fatto ricorso negli anni, remoti o più recenti, andando così a saldare presente e passato. E’ una prospettiva da tenere nel giusto conto. La narrazione è affidata ad una ottima voce, la ciliegina sulla torta dell’intero album, che evoca tormenti, angosce dalle quali si cerca sollievo che si rivela effimero nella memoria, evocando antiche paure sopite ed attizzando la fiamma del dolore.
A parte la voce eccezionale, le belle chitarre acustiche e i ricchi passaggi di percussioni, il basso e il contrabbasso rendono questo lavoro emotivamente potente, delicato e molto emozionante, che nella sua omogeneità narrativa offre comunque momenti e spunti variegati. “In Igne Vivit Salamandra” abbiamo anche la dimostrazione di una geniale orchestrazione sequenziale che unisce archi, vari strumenti etnici unici ed un impianto acustico evocativo imponente. Lo stesso anche la canzone “Il Rinati” è un’esplosione di panico e tensione introspettiva, dove si sovrappongono come in una gironda esaltata voci maschili e femminili, rendendo il pezzo un incantesimo maledetto. Citiamo infine “Il Sacro Dolore”, il brano più straziante ed introverso, con il suono cupo delle campane funebri a completare il tratteggio di un disco quasi cinematico nella sua bellezza e ricchezza.
“Il Rinato” è opera oscura, ermetica, magnetica, dai contorni volutamente tenebrosi e poco chiari. Un disco senza dubbio per pochi, da valutare in base ai propri gusti musicali ed ai sentimenti ed emozioni che trasmette in maniera soggettiva ad ogni ascoltatore, ma sicuramente da ascoltare in quanto i tre artisti in questione sono dei veri e propri professionisti. Hanno realizzato un gran disco. VOTO 9