The Lonerider Death

RECENSIONE A CURA DI DAMIANO MUZIO

Nella musica e nell’arte in generale, sono numerosi in casi in cui l’incapacità di adattamento ad una società non a misura umana, stimolano ed arricchiscono la personale vena artistica. E’ questo il caso di Alessandro “Death Sparrow” Parrini, Outsider grossetano con una verve esplosiva; Grosseto non è precisamente Los Angeles e questo non gli permette di “Metter su” una band in pianta stabile, i suoi demoni però devono uscire allo scoperto e lui non si dà per vinto: compone, suona chitarra, basso e batteria e incide “Addicted to that (death) Love” praticamente da solo. Riesce a realizzarne pure il video, aiutato da vecchi amici e sempre solo si dedica alla composizione dell’album “The Loneide Death, per la Wanikiya Record. Sette pezzi, per un totale di poco più di 23 minuti di ascolto, dove traspare il bagaglio musicale dell’artista/performer: dall’hardcore italiano del “Granducato” al thrash metal, con contaminazioni grunge. “Lonerider” è un album bello, interessante e non stucchevole, da riascoltarsi più volte di fila: quei 20 minuti, sono densi di sentimento, dolore, ribellione, sudore. I riferimenti autobiografici emergono come sulla poltrona di uno psicologo, in chiave ironica e dissacrante. Persino la lingua sta stretta all’autore, che spazia tra inglese e italiano anche nello stesso pezzo, quasi a sottolineare le parole da lui più sentite e dove non arrivano le parole, arriva la sua musica. Ribellione: questo è il “Leitmotiv” della produzione di Alessandro Parrini: ribellione verso la società, verso la famiglia, verso la cultura dominante, il disco gronda di rabbia, l’individualità che urla, schiacciata dagli ingranaggi della macchina sociale che livella tutto, soffocando libero pensiero e sentimento. Un individualismo dirompente quello di Alessandro, che emerge in ogni nota, in ogni accordo, a cominciare dal progetto “One Man Band”. Un invito al riscatto di ognuno di noi, come lo è per lui: “Rise”, come esorta nel penultimo pezzo : “Adesso corro da solo e lo faccio anche senza guanti”, cita persino il cognome di famiglia conclude con la parola “Freedom”. Tutte perle di valore quelle che formano questa preziosa collana: “Parente Scomodo”; “Married”, “Sparrow”, coi suoi cambi di tempo e la strofa narrata; l’acustica introspettiva “Burried by the Sun” , che apre l’album, “COm’è la Vita Dentro (Co.VI.D.)”. I riff di chitarra sono decisamente Hardcore, impreziositi da azzeccati tempi dispari, si sente l’influenza Sub Pop di Seattle . Gli assoli non sono invadenti e sono ben strutturati, la composizione è lineare e nessuno strumento sovrasta. Il cantato è bello, potente , talvolta urlato, talvolta sussurrato, una timbrica originale ed azzeccata. Alessandro “Death Sparrow” Parrini è un Outsider nel senso migliore del termine, un anarchico; il suo disco lo urla al mondo in ogni nota, in ogni secondo di ascolto; “Lonely”, nessuno come lui: l’uomo, il musicista, l’autore, il performer è così: ad ogni costo ed a qualunque prezzo. VOTO 9

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