Silent Winter

RECENSIONE A CURA DI DAMIANO MUZIO

Line-up:
Mike Livas (lead and backing
Kiriakos Balanos (guitars, keyboard),
Vangelis Papadimitriou (guitars),
Vangelis Tsekouras (bass)
John Antonopoulos (drums)

I Manowar, questi sconosciuti. La Band di Volos, Grecia, attinge a piene mani dalla scena metal dello scorso secolo; l’ascolto mi catapulta indietro fino agli anni ’80 col chiodo con la back patch dei Saxon, la cintura borchiata lenta sui fianchi e i miei riccioli biondi sulle spalle. “Le donne, i cavalieri, l’arme, gli amori”: gli elementi epici ci sono tutti. “Empire of Sins”, secondo album dei Silent Winter, segue le orme del primo “Circles of Hell”, senza discostarsene. Il gruppo esiste dal 1995 ed ha all’attivo due demo, due singoli e un EP; “Empire” è il loro secondo lavoro full lenght.
La matrice è quella e i titoli dei brani non lo smentiscono: “Gates of Fire”, “Wings of Destiny”, “Hunter’s Oath”, “Dragons Dance”, “Empire of Sins” tra i più significativi.
Al primo ascolto, l’intro solista di “Gates of Fire” non lascia dubbi: un varco infuocato verso un’ altra dimensione: un mondo mitologico di guerrieri e forze oscure.
La potenza di fuoco è notevole e anche gli incipit lenti, ma “loud”, lasciano subito il campo a ritmi galoppanti, inseguimenti di chitarre e tamburi di battaglia.
Si respira sudore e polvere, gloria e redenzione. “Where the Rivers Flow” colpisce per la sua solennità, quasi un componimento classico: l’attacco con l’accordo di basso, da un tocco di originalità e potenza, bella la sovrapposizione delle tastiere pianoforte/organo col giro di basso in ottave. La chitarra, solenne, entra al momento giusto. E la voce, potente e modulata completa il quadro in stile classico, con punte barocche. Da segnalare la cover “Leave A Light On” di Belinda Carlisle, batterista del gruppo punk – Hardcore “The Germs” nel 1977 e successivamente, leader delle Go Go’s , la prima Rock’n’Roll band tutta al femminile, inserita come “Bonus Track”, anch’essa stravolta in chiave epica. Tecnicamente i Silent Winter sanno il fatto loro e li dimostrano: Chitarre serrate, con divagazioni progressive e melodiche, assoli ben costruiti e veloci, tastiere con rimandi classici e “goth”; voce possente e solenne, senza perdere occasione per il falsetto d’ordinanza. Se i Silent Winter, vogliono essere una metal band classica, l’intento è riuscito: un’ ottima band anni ’80 tra Manowar ed Helloween. Nella copertina del disco, in perfetto stile, non avrebbe stonato l’epigrafe “Death to False Metal!” Se non fossimo nel ventunesimo secolo… Voto 6.

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