Sense of Noise

RECENSIONE A CURA DI ALFRED ZILLA

I Sense of Noise sono una band Melodic Death Metal svedese, appena arrivati con il loro omonimo album di debutto, dalle sonorità tipiche del suddetto genere in quei di Göteborg, seppur la produzione sia più moderna e i suoni più sperimentali. Nonostante si parli di primo lavoro, i componenti della band non sono estranei all’industria musicale, avendo suonato in vari festival (Knotfest, Wacken…) e collaborato con band come Therion e Morbid Angel. Questo album si avvale, inoltre, della collaborazione di artisti come Björn “Speed” Strid dei Soilwork ed Antony Hämäläinen (Meridian Dawn, Ancient Settlers, ex-Nightrage) come ospiti su alcune tracce vocali.
Nel 2021, la band ha pubblicato tre singoli, «Zero Killed», «Morning Glory» e «The Broken Hope», prodotti e mixati da Fede d’Empaire e masterizzati da Tony Lindgren presso i Fascinating Street Studio in Svezia.
I testi della band sono incentrati sui concetti di vita e morte, da un punto di vista ottimistico ma ugualmente realistico, armonizzando anche aspetti culturali della loro terra d’origine.
Questo primo full-lenght omonimo presenta varie caratteristiche, tra cui sporadici effetti strumentali che sembrano ammiccare all’Industrial e cambi di tonalità, presenti soprattuto negli ultimi ritornelli. I nove pezzi, ad eccezione degli ultimi tre, si mantengono sempre sotto i quattro minuti, senza superare i cinque, rendendo l’ascolto piacevole e facile da ricordare per le melodie. Le chitarre sperimentano, dai semplici downstroke ai riff pentatonici appartenenti al tipico sound del Melodeath di Göteborg, e le voci non sono mai occultate. La produzione è limpida e cristallina, molto moderna, ed è un valore aggiunto a questo lavoro.
Per cui, bando alle ciance, pronti a fare headbanging in cuffia o in cassa, e facciamo partire la recensione. Diamo inizio alla festa!
1) A FORGOTTEN OATH: Pianoforte e violini in una stupenda armonia quasi fantasy, seguiti da archi e una grancassa come un battito cardiaco, aprono il preludio a questo album di debutto di stampo Death Melodico che arriverà nei pezzi successivi. Come una colonna sonora di un film epic-fantasy, un crescendo di batteria, bassi e trombe esplode nella seconda metà dei novanta secondi di questo brano, anticipando in qualche modo quella che sarà la tematica musicale di questo lavoro.
2) THE BROKEN HOPE: Blast beat e chitarre serrate, scandite anche dal battito iniziale della grancassa e dai tappeti di tastiera tipici del Death Melodico. Il basso è presente e anche preciso nei momenti di silenzio delle sei corde. La voce pulita è molto onirica e i ritornelli melodici accompagnati dal growl stupendi. Ad un certo punto, il pezzo impenna e le chitarre iniziano a farsi veloci e tremolanti, molto Death. Interessanti anche gli esperimenti simili ad effetti «Industrial» con le corde e il cambio di tonalità verso la fine. Molto carino l’intermezzo con il pianoforte e le batterie.
3) WAR WITHIN: Quattro colpi di China e il pezzo scoppia come una bomba. Molto più cadenzato in veloci 4/4 rispetto al blast beat di prima, le voci pulite e quelle ruggite si contrappongono in un gioco di botta e risposta, molto equilibrato. Dopo il secondo ritornello, brevi interruzioni repentine di chitarre e batterie prima di un assolo che segue le ritmiche e un altro cambio tonale. In generale, il pezzo sembra parlare di una battaglia interiore che reclama solo di essere portata a termine senza più soffrire, un sentimento attanagliante che accomuna quasi noi tutti.
4) MORNING GLORY: Il pezzo parte subito con una carica disarmante, in quanto la voce pulita lo fa sembrare quasi Heavy o Epic, prima del subentrare del Growl. La ritmica è più semplice, soprattutto nel «Tum – tam!» della batteria, accompagnata comunque anche da una cassa più presente, quasi doppia. Le chitarre sono per lo più in semplici downtroke, molto belle anche le tastiere. Un bell’effetto da DJ industrial dopo il secondo ritornello apre il bridge, un Mid-Tempo molto brutale ma piacevole all’ascolto. Altro cambio di tonalità e il brano si va a chiudere con tastiere e viole.
5) MARCH OF THE FALLEN: Batteria e chitarre quasi Industrial iniziano la Marcia del Caduto, prima di sfociare nel Melodeath più lento. Le voci pulite sembrano destabilizzare il BPM, ma è solo un attimo prima di accorgersi della coerenza tempistica in questo brano, relativamente diverso rispetto quanto ascoltato finora. È quando le chitarre accompagnano il Growl che arriva il piacere di ascoltare questo pezzo. Bridge, altri FX, la batteria accelera picchiando sul rullante, e finalmente un assolo. Seguono pochi secondi di tastiera, e un altro cambio tonale. La marcia è finita.
6) ZERO KILLED: Brano che si avvale della collaborazione di Bjorn Strid. L’inizio è equalizzato in modo da suonare come una vecchia radio. Il brano è veloce e potente, nell’inizio, e più cadenzato nelle strofe. Le voci sono molto più presenti e spiccanti rispetto ai precedenti brani. I ritornelli clean – di stampo quasi Epic nell’ultima parte – sono forse la parte migliore di questa traccia, e sono molto carini anche i soliti, sporadici, effetti Industrial. Eccellente la batteria che, prima del growl finale, accelera con cassa e rullante prima di scagliare l’esplosione finale.
7) OUR DYING LIGHT: Una atipica e bellissima marcia di chitarre acustiche e violini, con una voce profonda e narrante, apre le danze. Ma è solo la quiete che precede la tempesta, poi l’egemonia Melodic Death esplode. Il Growl, qui caratterizzato da un filtro quasi elettronico, inizialmente è accompagnato solo da batteria e basso, prima di stabilizzarsi in una strofa pre-chorus, cadenzata anche da due note di pianoforte. Stupendo ritornello di solfeggi puliti, intelligentemente accompagnati dai Growl. Prima del bridge, la melodia sembra cambiare BPM, poi accelerare in una sorta di Blast Beat, per poi terminare nel ritornello finale.
8) RAGE OF EXISTENCE: Altra collaborazione, in questo caso Anthony Hamalainen. Un altro effetto stile Industrial precede le chitarre, contrapposte in stacchi rapidi prima a destra poi a sinistra. Le voci Growl dei due cantanti sono diverse, una più ruggita l’altra più parlata (In uno stile che sembra omaggiare quello di Tom Araya o Johan Liiva). Altri FX Industrial prima del bridge «parlato» e di un rallentamento in Mid-Tempo non esente dalla ferocia dello stile. Un assolo in Wha chiude il bridge e si ritorna alle voci di prima. Anche stavolta un cambio tonale nell’ultimo, glorioso, ritornello.
9) SENSE OF DARKNESS: Come il precedente, anche qui abbiamo una ritmica simil-Industrial che apre entra lentamente prima della melodia ruggente. Il Growl è molto più cadenzato, le chitarre che seguono delle note pentatoniche come riff principale. Angelici come da solito i ritornelli clean. Bello quando le chitarre fanno da sottofondo e le percussioni scandiscono il ritmo, prima dell’assolo principale, così come anche le batterie quasi tribali che accompagnano il basso, bello pulito, con un Growl parlato quasi elettronico, effettato in stile Industrial prima che questa luce nell’oscurità di brano porti a termine la storia finora ascoltata di questo lavoro.
Io amo il Melodic Death svedese. Fu il genere musicale che mi accompagnò nei primissimi anni universitari, anche se mai approfondito a fondo. È facile pensare a band più o meno recenti che trattino questo genere, che alle volte potrebbe risultare ripetitivo come lo erano gli AC/DC nel loro genere, dico per fare una metafora, ma l’obiettività deve essere quella: se la musica è bella, allora è bella e basta! E i Sense of Noise fanno bella musica. Non è niente di nuovo, attenzione. Qualcosa che già nomi come In Flames, Insomnium, Dark Tranquillity hanno già provveduto a portare sui palchi, ma la tecnica e la volontà di perseguire un genere così bello nella sua ultramodernità sono valori nobili. Ed è un genere senza mezze misure: o lo ami o lo odi. Qualcosa che non consiglierei mai ai puristi del Metal fissati solo con la vecchia scuola, con il Black scandinavo o il Death floridiano. Per chi invece è di più giuste larghe vedute nel panorama musicale, consiglio l’ascolto e il sostegno ad una band – ripeto – «ultramoderna», nei suoni e nella produzione, ma con quella eco della vecchia scuola che non abbandonerà mai il mondo del Metal, qualunque genere esso sia. È una band che farebbe piacere vedere dal vivo o affiancare sui palchi, a cui vanno augurate solo grandi cose! VOTO 9.0

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