Rapid strike

RECENSIONE A CURA DI ENZO “FALC” PRENOTTO

La vita dei croati Rapid Strike è stata piuttosto travagliata e sorprende il fatto che la band abbia deciso di tornare sulla scena musicale con un nuovo disco. Inizialmente nati come Azazel cambiarono poi nome in Rapid Strike pubblicando un primo album nel 2011. In quegli anni la formazione cambiò innumerevoli volte continuando a ruotare sempre attorno al chitarrista e fondatore Hrvoje “Flegma” Madiraca. Dopo il debutto la band scompare senza mai sciogliersi ufficialmente per poi ricomparire ben dieci anni dopo con un paio di singoli ed il qui presente ed omonimo Rapid Strike. Si respira, almeno in parte, una minima aria di novità con alla voce una presenza femminile (in passato le vocals furono di Ivan Kokan) ovvero la britannica Bexie James arrivata dopo parecchie cantanti temporanee ed uno stile differente rispetto al furente thrash metal degli esordi. Il sound si è in parte evoluto combinando degli elementi provenienti anche dal metal classico ed usufruendo di un paio di turnisti sia nel basso che nella batteria. Non si capisce bene quali fossero le reali intenzioni del gruppo dato che l’ascolto si rivela molto discontinuo ed in più di un’occasione l’ingranaggio si inceppa confondendo le idee. L’opener “Just a Lie” sconvolge per via del suo andamento rock/blues ed i suoi intermezzi acustico/melodici conditi da belle melodie e da una voce tutto sommato buona seppur non particolarmente brillante. Dalla seconda traccia il gruppo cambia tutto di nuovo e punta più all’heavy classico in “Night Of The Unholy” con le due asce che seppure piatte non sono così scontate grazie a soluzioni sonore meno convenzionali. Purtroppo il quintetto comincia a mostrare la corda molto in fretta. La vocalist Bexie perde sempre più colpi dato che la sua tonalità leggera mal si integra alle scorribande sempre più metalliche ed aggressive dei brani. Fulgidi esempi sono la grezza “Sweet Terror” (buoni gli assolo classici) o la terribile “Betrayal is a Sin” dove il cantato diventa sporco e cattivo ma si rivela più un pallido ringhio avvalorando il senso di fatica ed incompatibilità della voce (fanno meglio i nostrani White Skull con la voce al vetriolo di Federica). Il senso di spossatezza è dato anche dai riff sempre più statici e già sentiti mille volte sacrificando la personalità per l’immediatezza. L’ascolto difatti scade sempre più nel banale dove l’energia sfuma ed il mordente si fa sempre più pallido come nelle fiacche “Viper’s Nest” e la finale “Shot It Out”, tracce vuote che non riescono ad impressionare minimamente. Nessuno dei musicisti riesce a brillare ed entusiasmare sia nelle parti violente che nelle tremende ballads “Sailing On” e “Losing You” entrambe quasi ai limiti del pop che non si comprende bene cosa centrino dato che sono totalmente fuori contesto con arrangiamenti di piano e chitarre acustiche troppo melense che non danno un vero e proprio valore aggiunto ma paiono degli intermezzi buttati a caso. Tornare dopo tanti anni con un lavoro del genere è preoccupante dato che in passato era più convincente il thrash metal proposto che seppure ignorante era ben suonato e vigoroso. Il disco non è di transizione e non ha nemmeno la faccia tosta di proseguire imperterrito ad occhi bendati sulla scia di idee riciclate ma godibili. La strada è ancora lunga ed al momento i Rapid Strike devono capire cosa vogliono fare dato che ascoltando il disco basta un leggero soffio di vento per spegnere gli entusiasmi. VOTO 6

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