RECENSIONE A CURA DI Enzo”Falc”Prenotto

Nuovo giorno e nuovo debutto all’orizzonte. Questa volta tocca ad una band, o meglio di un progetto a cui fa capo il chitarrista Vito F. Mainolfi. Tale progetto si chiama Pentesilea Road e nasce inizialmente nel 2014. Circa sei anni dopo, in seguito alla pubblicazione di vari DEMO per la maggior parte strumentali, il leader Vito decide di dare una forma più concreta alle sue idee registrando autonomamente undici tracce DEMO e decide di completare l’opera reclutando una nutrita schiera di ospiti. Pochi mesi dopo la lineup viene stabilizzata includendo anche due musicisti speciali ovvero il cantante Ray Alder (Fates Warning, Engine, Redemption) ed il batterista Mark Zonder (Ex- Fates Warning, Warlord). Comincia quindi il lavoro di completamento delle tracce che porta alla pubblicazione del disco di esordio omonimo che si ispira ad un libro di Italo Calvino. Come era prevedibile, data anche la presenza di Alder e Zonder, lo stile musicale non poteva che finire nel calderone del prog rock/metal che mischia le sonorità americane a quelle europee. Sebbene nelle note biografiche venga tirato in ballo il post-prog (???) non ci sono particolari innovazioni o cambiamenti e nemmeno una visione che vada oltre gli stilemi del prog, sia esso quello nato negli anni ‘70, la corrente neo-prog della decade ottantiana oppure le svariate evoluzioni del progressive metal. C’è sicuramente una ricerca per creare qualcosa di nuovo ma, in casi come questi, I risultati non sono esattamente quelli che ci si aspettava se non in minima parte. Il disco è inquadrabile in tre direzioni che può essere un pregio o un difetto. La prima direzione è quella dove è ospite mr. Zonder e si presenta come quella più “classicamente” prog metal old school con episodi come l’opener “Memory Corner” che ricorda non poco I Fates Warning per il loro delicato modo di intrecciare tecnica e melodia; “Spectral Regrowth” e “Give Them Space” sono decisamente fra le tracce più dure del lotto con un approccio nei riffs chitarristici molto distorto e roccioso che si dipana poi in derive più atmosferiche ed anche jazzate. La seconda direzione è quella più intimista e qui entrano in gioco sia Ray Alder che un approccio alla melodia piuttosto marcato soprattutto a livello di ballads come “Shades of Night”, “Noble Heart” o l’intimista “Stains” che vede la partecipazione di Michele Guaitioli. L’ultima direzione è quella che rimescola un po’ le carte e va detto che non sono pochi I motivi di interesse. Nonostante ci siano luci ed ombre le rimanenti tracce riescono ad essere efficaci soprattutto nei celestiali assolo di chitarra ma è quando la distorsione aumenta che le cose si fanno appaganti. Le impennate epiche di “The Psychopathology Of Everyday Things” o le bordate possenti della titletrack “Pentesilea Road” fanno davvero un egregio lavoro ben contornate da un uso futuristico delle tastiere (“Stranded”). Non sempre però le vocals sono all’altezza risultando troppo esili ed in più alcuni pezzi come “Genius Loci” e “A Tale Of Dissidence” non riescono ad impressionare risultando in parte spente e poco riuscite non invogliando ad un nuovo ascolto. Si potrebbe dire che questo disco dimostra buone idee ed altrettanti limiti compositivi creando un limbo fastidioso ma va detto che è normale per una band agli inizi. Gli stessi special guests non sono un particolare valore aggiunto ma si limitano solamente a fare il loro lavoro alla perfezione. Inizio difficile da valutare ma che crea comunque un buon hype per le future uscite. Ci si sente comunque di segnalare positivamente questa uscita con la speranza che ci siano sostanziali miglioramenti in futuro. VOTO 7.0