RECENSIONE A CURA DI DANY NOX

Gli Omega nascono nel 2012 a Rimini, come un progetto parallelo dei Deadly Carnage (Post-Black dall’Italia) che condividono tre membri (Alexios, Adres, Marco). La volontà di questo progetto è creare un sound oscuro, opprimente e intricato tramite brani estremamente lunghi che fondono sonorità Balck, Doom e Dark Ambient con un approccio decisamente Avantgarde ed esprimendo i concetti tramite testi ermetici e concettuali che si aprono a molteplici interpretazioni. L’intenzione della band è quella di sondare gli antichi misteri del nostro pianeta e i recessi più nascosti del cosmo; lo fanno inserendo anche messaggi nascosti e indizi all’interno dei loro brani, nei testi e nell’artwork al fine di spingere l’ascoltatore a scoprire la giusta chiave interpretativa dei loro criptici concept album: “Eve”(2017) e “Nebra”(2021), che prende il nome da un misterioso artificio dell’età del bronzo in cui gli italiani presentano un intricato concetto tra i misteri delle antiche civiltà e i recessi più nascosti del cosmo. L’album è composto da quattro tracce, che superano i 13 minuti cadauna, ruvide ed imbevute di una sensazione di vuoto cosmico assoluto.
Buona la produzione, con un’impronta tutta sua, che spinge decisamente verso Avantgarde ed Experimental, così come peculiare ed molto originale il songwriting ed i testi, che fanno sprofondare l’ascoltatore in un stato di disagio ed amarezza, nonostante l’altalenanza della velocità fra le varie parti dei brani, abbastanza inusuale per un genere così macabro e rigido.
Molto potenti ed aggressivi le chitarre, con riff massicci e martellanti, spesso accompagnati da linee melodiche altrettanto taglienti e ruvidi, di un basso molto profondo e presente e di una batteria molto cadenzata e variegata, che danno ancora più potenza ad ognuno dei quattro brani presenti nel disco. Un altro elemento vincente è la voce, uno scream dolorante con tante sfumature DSBM, che si rivela, insieme alle chitarre, una colonna portante di quest’album strano ed allo stesso tempo innovativo.
La band sembra provare piacere a mettere l’ascoltatore in difficoltà, creando spesso sezioni movimentate che si alternano con molta frequenza, per poi insistere per interi minuti su lunghi passaggi granitici. Difficile riuscire a prevedere quale sarà la prossima mossa: forse un momento di calma, oppure il basso assumerà un ruolo di primo piano (come succede in “Pleias”); magari le velocità aumenteranno per riscoprire l’aura black della band (come succede in “Ratis”) o invece rallenteranno quasi fino a fermarsi. Mentre gli Omega sono impegnati in questo continuo oscillare dal quale è difficile estrapolare un passaggio definito, il discorso musicale non si interrompe mai nel passaggio da una traccia all’altra, perché le transizioni ambient che le collegano ci permettono di non perdere il filo dell’album.
Sicuramente un lavoro con un bel potenziale e con una forte personalità, nonostante gli ampi margini di miglioramento, da assaggiare a piccole dosi nell’attesa di nuove notizie dai ragazzi romagnoli. VOTO 8