RECENSIONE A CURA DI ALESSANDRO BETTONI

Murkocet, è il nome di una sostanza direttamente attribuita alle azioni aggressive e spesso violente degli utenti e deriva dal nome in un videogioco del Vocalist Richie Jano che dopo averlo suggerito come uno scherzo è diventato il monicker di questaband proveniente dall’ Arizona. Nati nel 2013, i MURKOCET, dopo un EP omonimo, uscito nel 2016, rilascia questo full-leght dal nome Digging Mercy’s Grave anch’esso autoprodotto direttamente dalla band. Digging Mercy’s Gravesi snoda in un metal moderno ipercompresso e con atmosfere gravi ed oscure, con svariate puntate nel Thrash Tecnico, dove la violenza sonora è impreziosita da un songwriting notevole, una produzione dinamicamente perfetta oltre ad un mixing che fa risaltare l’attitudine brutale del quartetto americano. I quattro dell’Arizona non trascurano alcun particolare e provano a regalare undici brani tecnicamente convincenti e professionali sotto ogni punto di vista. Dopo una breve intro si scatena un tornado sonoro con “Strip Club Massacre“ (usata anche per un film Horror) che mette subito in chiaro le intenzioni distruttive del combo. Atmosfera claustrofobica, con la sezione ritmica a farla da padrona, un cantato feroce ed un muro chitarristico tecnico e preciso nella sua violenza. Si continua con “Dust Cloud“ dall’attacco più ragionato, dove a rallentamenti in stile black-metal si alternano accelerazioni assassine che lo rendono coinvolgente e maligno. Sulla stessa falsariga anche la seguente “Tombstone“ dove sugli scudi sale la prova vocale di Jano: schizofrenica e paranoica. “Dead World“ e “California Smile“ (inframezzate dall’acustica “Tranquil“) sono i due brani più THRASH-oriented dove la sezione ritmica è compatta e granitica ed i riff di chitarra tessono trame intricate e coinvolgenti. Sopra le righe la prova della voce, che urla rabbia e disagio, adottando variazioni che ricordano il cantato punk-Hc. Si torna ad un caos organizzato con “Rapo Man“ con ritmiche claustrofobiche ed un chitarrismo estremo creano un’atmosfera funerea e malata dove tutte le vostre sofferenze troveranno posto. “Overdose“ e “Lights Out“ si snodano sulla Falsariga del precedente brano. Ma fanno capolino scelte vocali quasi HARDCORE, con urla strappate ed animalesche, che fanno da contraltare ad una forma canzone mutevole dove i Riff chitarristici dettano tempi ora cadenzati, ora velocissimi che rendono i brani imprevedibili e coinvolgenti, coadiuvati da una sezione ritmica che piazza sui brani un blocco di pietra, compatto e pesante, da cui è difficile districarsi, dandoci conferma della preparazione tecnica e dell’affiatamento (se ancora ce ne fosse bisogno) della band. Chiude l’album “The Beginning“, che è il riassunto di tutto quello che abbiamo sentito finora. Dopo un arpeggio iniziale esplode in un crescendo di violenza malvagia dove innumerevoli cambi tempo e di atmosfera ci portano alla fine del viaggio, o forse ad un nuovo inizio? Non è un Album perfetto, ma Digging Mercy’s Grave, è ben studiato e costruito, ben suonato ed ottimamente prodotto, non cambierà il mondo musicale ma si farà apprezzare, sicuramente, da tutti coloro che nel Metal cercano attitudine e violenza. VOTO 7.0