RECENSIONE A CURA DI YURI FRONTEDDU

Dopo lo split recensito l’anno scorso, in collaborazione con Malvento e Abigail, la band black metal di Sciacca, Malauriu, ci sorprende e sbalordisce con la loro Nuova Opera. Trattasi di una straordinaria produzione, rilasciata nel marzo 2022 da Nero Corvino, distribuita anche da Southern Hell Records in formato fisico e digitale, che vede la partecipazione esclusiva di Schizoid nella strumentazione dei brani (chitarra, baso, backing vocals), Felis Catus alle tastiere ed effetti speciali e l’ospite d’eccezione alla voce principale, Nequam (The Magik Way). Tuttavia, soprattutto per il conoscitore della band, l’album Malauriu rappresenta la massima espressione della formazione saccense. Non è un disco black metal, questo è da dire e da rendere evidente, quanto più una rappresentazione darkwave sperimentale votata a concetti ora rumoristici intessuta dai migliori effetti e suoni di tastiera, ora melodici fatta di arpeggi di basso e chitarra. Ricorda un po’ la recente produzione di Beherit, Bardo Exist, dove l’unica differenza sta nella voce di sottofondo, qui nei Malauriu adoperata da Nequam. La carica e il coinvolgimento nell’ascolto di ogni traccia ti prendono per mano e ti conducono negli antri oscuri di storie d’occulto e di spiritismo. La voce narrante inizia, dopo un’ incalzante sonorità darkwave, a parlare nella prima traccia, “Morto era l’oro”, con una verve e carica che siano capaci di intrattenerti all’ascolto anche se non cavalcassi quelle insidiose e particolari onde sonore. È l’introduzione all’assenza del corpo, come si evince dal testo: “Ogni energia di un essere, che in quell’essere non sia in atto, costituisce impedimento nell’agire occulto.”, che si dipana nello svolgimento in seconda traccia, “Corpo-Tempio”. Qui, il divinatorio rivela la sua nuda e cruda realtà: “Il sapere scritto è il Male / Il cervello è la prigione”. Con una musica più definita ed una melodia più sonora, intessuta fra chitarre, basso e percussioni, l’intenzione del testo è invitare l’ascoltatore a liberarsi delle cose scritte e di abbandonare la ragione, in quanto il divinatorio nell’evocazione del defunto non debba fare occhiolino a ciò che è scritto e pensato, ma quanto più a ciò che resti nell’occulto e capace di essere osservato e percepito con la meditazione e l’abbandono della realtà della carne terrena. Addentrandoci così nella terza traccia, “Specula”, ecco che il fruitore (il narratore, nda) riesce a realizzarsi nell’occulto, osservando l’aldilà nelle “tre linee che si intersechino” guardando nello specchio. Ecco che la musica di sottofondo, sempre all’insegna del dark ambient in stile Beherit, si manifesta sempre più chiara. Risuona una chitarra acustica e suoni di tastiera con effetti più corali e melodici. Il fruitore osserva sé stesso nel ventre della madre, per poi manifestarsi nell’aldilà, dove “le Madri le porta via il vento”. Si raggiunge così la massima rivelazione dell’introspezione tipica dell’arte divinatoria e del culto più folkloristico dei morti, con “L’oro s’è fatto”. L’intenzione del testo è quella di far raggiungere l’apoteosi come ultimo livello della separazione fra corpo e anima, nonché zenit dell’occulto a seguito dell’abbandono della carne terrena. Qui, il narratore asserisce di essere “Corpo, Fluido e Spirito”, dunque padrone di quello stato di sospensione fra vita e morte, fra reale e irreale, fra manifesto e occulto. “Prima le risposte, poi le domande. Tutti i miei pensieri, lentamente si arrestarono”, segue poi. Ecco che, fra chitarre e tastiere intessere le loro melodie, si comprende la vera essenza del distico fra “Morto era l’oro” e “L’oro s’è fatto”, ritornando improvvisamente nella realtà quotidiana a termine del brano. In sintesi, il coraggioso intento di definizione dei Malauriu sorprende e sbalordisce come si diceva ad inizio recensione, in quanto intanto ci introduce al dark ambient così d’improvviso, abituati a sonorità black metal più d’istinto, facendolo nel modo più elegante possibile, senza osare troppo e rendendolo personale, proprio. Il folklore meridionale si avverte senz’altro, risonante di Magna Grecia come si evince dai testi delle canzoni. Il tema del culto dei defunti, analizzato dal punto di vista testuale, ben ci insegna quasi come realizzarsi nella sospensione del sé fisico e “chimico”, quasi come nei culti tribali l’abbandono del corpo nell’assunzione dei rimedi sciamanici si riesca a visualizzare allo stato vigile delle immagini e rappresentazioni nell’evidenza del manifesto. In sostanza, è un ottimo concept album votato alle sonorità più folkloristiche della darkwave, fatto di testi chiari, comprensibili e accessibili ad una vasta parte di pubblico, perché spiegati e coadiuvati da questo dialogo fittizio fra Saggio e suo accolito. Saranno, dunque, queste le nuove evoluzioni dei Malauriu? Quali altri novità dovremmo aspettarci da questa band? Per il momento, immergiamoci quanto più possiamo in questa composizione darkwave/dark ambient, consigliabile da ascoltare prima di avvolgersi fra le coperte e abbandonare corpo e mente al sonno notturno. VOTO 9.0