A CURA DI FABIO SANSALONE E ANDREA LOMBARDI

ANDREA: Quando ha frequentato la Scuola di Fumetto di Milano ha avuto come insegnanti due nomi importanti della Sergio Bonelli Editore, ovvero Angelo Stano e Giampiero Casertano. I loro insegnamenti hanno avuto molta influenza per le sue scelte future, sia in ambito artistico che lavorativo?
E’ vero, facevano parte dello staff degli insegnanti, ma non li ho avuti nei tre anni della Scuola; in compenso, nel primo anno, il mio corso di Fumetto era tenuto da Aldo di Gennaro. Anche se allora non lo conoscevo, capii fin da subito la grande esperienza e la caratura dell’artista. Non aveva un metodo preciso nell’insegnamento ma era una fonte di ispirazione e cercai di carpire qualsiasi trucco e consiglio (ci insegnò l’importanza di copiare molto all’inizio). Si può dire che il suo stile alla pari dei maestri della sua generazione (Toppi, Tacconi, Uggeri, Battaglia) abbia influenzato moltissimo il mio modo di disegnare.

ANDREA: Ci parli di Figli dell’Olocausto, il gioco di ruolo a cui collaborò nella sua realizzazione nel gruppo artistico ALAN. Ebbe una certa risonanza all’epoca, quando uscì nel 1990, per via delle sue ambientazioni e delle sue tematiche.
E’ stata un esperienza importante, soprattutto divertente vissuta con molta spensieratezza ed entusiasmo Frequentavamo tutti la Scuola del Fumetto, dove appunto ci siamo conosciuti; l’acronimo ALAN era formato dalle iniziali dei nostri nomi. Andrea Cortellazzi L’autore del gioco, mi introdusse anche nel mondo dei giochi di ruolo e boardgames (di cui ancora adesso sono appassionato).
Un esperienza iniziata così per gioco, con un’idea ed una ambientazione piuttosto originale e che grazie alla collaborazione ed esperienza di una casa editrice italiana di Modena (Black out, che pubblicò I signori del Caos) diventò realtà. Ovviamente io ho realizzato gran parte dei disegni interni (si può dire che sia stata la mia prima vera e propria esperienza lavorativa). Dopo l’uscita andammo anche a pubblicizzarlo a qualche fiera ed evento, ma i tempi erano completamente diversi da ora, che con i social e quant’altro la visibilità è senz’altro più immediata. Non saprei dirti nulla sui dati di vendita, ma ancora adesso qualcuno si ricorda dei Figli dell’Olocausto.
ANDREA: Sicuramente la testata per cui è più conosciuto e per cui ha lavorato di più è Dampyr, firmando i disegni di numeri molto importanti all’interno della serie. Qual è il suo rapporto con questo fumetto?
Che dire… ormai accompagna le mie giornate (quasi ininterrottamente) da quasi 23 anni. Con Harlan e soci si può dire che abbia un rapporto speciale a cui non potrei fare a meno. E’ una serie in cui mi trovo bene per i generi che tratta, che si addicono anche al mio stile grafico; e come dico sempre non ci si annoia, avendo la possibilità, albo dopo albo di ambientazioni e tematiche sempre diverse.

FABIO: Dal ‘94 al ‘97 ha lavorato per la rivista Intrepido, sino alla chiusura. Ha avuto anche brevi collaborazioni con DeAgostini e Xenia edizioni. Ci parli di queste esperienze. All’epoca sono state esperienze di esordio? Si è trattato sin dall’inizio di un lavoro temporaneo oppure mirava ad essere un collaboratore più assiduo nel tempo?
La prima esperienza fumettistica è stata con Zona X (nel 1990. Gestita allora da Gianni Bono); importante indubbiamente, ma molto faticosa considerando che ero appena uscito dalla Scuola del Fumetto. Feci solo un albo e non venni riconfermato. Dopo alcuni anni passando per altre esperienze in campo pubblicitario soprattutto, arrivai appunto all’Intrepido nel ’94 dove rimasi fino alla definitiva chiusura nel ’97 (più o meno, non ricordo esattamente). La collaborazione fu continuativa in pratica, c’era un ottimo rapporto con l’allora redattore Pedrocchi; una vera palestra per me e per un primo salto di qualità professionale. Con la De Agostini realizzai un episodio della storia dell’umanità a fumetti (nello specifico sulla seconda guerra mondiale) insieme allo stesso sceneggiatore delle serie uscite all’Intrepido (i Crononauti, NoExit per citare). La Xenia arrivò nel ’97 e senz’altro fu di particolare importanza perché mi permise di essere anche maggiormente notato alle altre case editrici (anche dallo stesso Boselli). Si trattò di realizzare la versione a fumetti di racconti di alcuni importanti scrittori (io feci Maupassant e jack London sceneggiati da Pedrocchi). Si chiamava i Capolavori del mistero.

FABIO: Ha iniziato a lavorare su Dampyr nel 1998. Il nostro eroe ha visto la luce in edicola nel 2000. Occorre un tempo così lungo a sceneggiatori, disegnatori ecc… di lavorazione prima che un nuovo personaggio debutti in edicola con il primo numero? Il tempo varia da personaggio a personaggio oppure questi due anni sono più o meno lo standard per tutti gli eroi Bonelli che prendono vita?
Quando arrivai nel ’98 alcuni albi erano già pronti o erano in lavorazione. Sicuramente prima del lancio di una serie nuova come dici c’è bisogno di molto anticipo, poi con lo staff completo c’è una programmazione e delle scadenze da rispettare, ma non so dirti se sia uno standard o meno; per me è stata la prima volta che è intercorso così tanto tempo; spesso si arriva a due o tre mesi prima dell’uscita dell’albo in edicola.
FABIO: Si presume che quando in edicola esce un nuovo numero, nella realtà lavorativa, I disegnatori e sceneggiatori siano alle prese con vari altri numeri successivi ad esso. Nel caso di Dampyr, può dirci su quale numero attualmente si sta lavorando e al quale lei sta lavorando?
Posso dirti quelli che riguardano me… Ho appena finito di lavorare sulla miniserie di albi “Ritorno a Yorvolak”, che riprende le vicende al tempo dei primi due episodi della saga e che sarà pubblicato in contemporanea all’uscita del film nelle sale (di cui non vediamo l’ora!), che segna anche il ritorno nella serie di Andreucci e Dotti. Per quanto riguarda la serie regolare ho iniziato un nuovo albo sempre sceneggiato da Boselli che uscirà nel 2022.

FABIO: Solitamente, un disegnatore come si organizza? In che modo inizia a mettersi a lavoro su una storia di fumetti e quanto tempo impiega all’incirca per completarla? Essendo una cosa soggettiva, quindi ognuno ha I propri metodi e tempi, esiste un termine minimo e uno massimo per poter consegnare il proprio lavoro? Nel caso in cui si disegna per più personaggi, di solito si fa un albo alla volta per ognuno o si riesce a lavorare su più albi di eroi diversi contemporanemente?
La preparazione ad una albo inizia con il leggere attentamente la sceneggiatura e la conseguente ricerca di tutta la documentazione necessaria (in parte fornita, ma che io integro abbondantemente); ricerca che può durare anche qualche ora e che reputo fondamentale alla buona riuscita di una tavola a fumetti. Dopo di che si parte con la matita di brutta, una matita pulita con il tavolo luminoso e l’inchiostrazione. Io realizzo mediamente 12 pagine al mese di Dampyr, quindi diciamo 9 mesi per albo, tutto sommato una buona media considerando il fatto che mi sono sempre ritagliato da molti anni a questa parte, quando possibile, un po’ di tempo da dedicare contemporaneamente ad altri progetti (ad es. per il mercato francese ho realizzato 9 libri tra Dupuis e casterman). Come dicevo prima ci sono ovviamente delle scadenze e una programmazione che vanno rispettate e bisogna regolarsi di conseguenza: per il disegnatore implica orari di lavoro “flessibili”, cioè capita spesso di lavorare le domeniche i giorni di festa… in fondo sono i pro e i contro di questa bellissima professione.
FABIO: Col trascorrere di tanti anni alle prese con lo stesso personaggio, nel suo caso citiamo Dampyr, cosa può cambiare a livello artistico e lavorativo in un disegnatore? Dopo moltissime tavole, si arriva al punto di sentire l’esigenza di modificarsi in qualcosa? Lo stile di un disegnatore può secondo lei subire un cambio radicale, che sia voluto o meno?
La serie di per se, per il fatto di proporre generi e situazioni differenti (dal trhriller, horror storico) ti mette sempre alla prova e ti completa molto e dopo anni di esperienza è naturale un’evoluzione e una maturazione. Nel caso specifico, a Dampyr tendenzialmente è richiesto uno stile realistico anche con le dovute differenze personali. Dampyr presenta pur sempre sequenze e ambientazioni che vanno ricreate con un certo realismo. Al momento non sento il bisogno di un cambio radicale e neanche forse sarebbe opportuno (dopo tanti anni il pubblico si abitua).
FABIO: Come in tutti I mestieri, una persona col passare del tempo migliora su vari aspetti. Nel caso di un disegnatore di fumetti, in senso tecnico, che tipo di miglioramento può offrire l’esperienza di tanti anni?
Dal mio punto di vista ogni artista dovrebbe puntare a migliorarsi col tempo e cercare di affinare il proprio stile; quindi anche io ho cambiato molto negli anni cercando sempre di aumentare la qualità (nelle antomie, nell’inchiostrazione) e anche la

velocità arrivando adesso, almeno nel b/n ad uno stile oramai definito; ma i margini di miglioramento ci sono sempre (si impara sempre qualcosa di nuovo) e c’è anche l’esigenza di sperimentare nuove soluzioni, nuove tecniche, magari non per la serie Dampyr (dove, come detto poc’anzi, mi è richiesta una determinata qualità e stile) ma per gli altri progetti lavorativi.
FABIO: Se potesse scegliere di essere disegnatore di un eroe di un’altra casa editrice, magari di un personaggio che segue e che le piace, quale sceglierebbe?
Rimanendo in ambito SBE, Dylan Dog, ma una tantum, visto l’affinità di genere trattato… ero un affezionato lettore quando uscii e copiai molto all’inizio i vari Casertano, Freghieri, dall’Agnol, per citarne alcuni. Per il resto mi piacciono molto i cartonati, le graphic novel… sono aperto anche un po a tutti i generi, con una certa preferenza ovviamente per il thriller, l’horror (cito ad esempio la serie “Something is killing the children” di Dell’Edera).
FABIO: Dopo tanti anni di carriera, l’evoluzione della tecnologia e strumenti di lavoro differenti, hanno facilitato il modo di lavorare? Ci sono disegnatori che vanno al passo con I tempi oppure c’è chi ancora oggi preferisce usare strumenti di lavoro che usava venti o trenta anni fa?
Assolutamente, faccio parte della seconda categoria; ho cambiato (e sperimento tutt’ora) alcuni strumenti come le carte da disegno, ma faccio ancora tutto a mano.

Mi riprometto spesso di imparare meglio ad usare alcuni “affari” tecnologici, come la tavoletta grafica (che comunque ho), ma sempre per piccole cose, correzioni soprattutto. Il motivo che potrebbero (nel caso…) spingermi a cambiare metodologia è quello di poter essere più veloce (almeno così mi è stato detto…), ma sarà difficile… un pò per pigrizia e poi mi piace troppo la sensazione di disegnare su carta.
L’intervista è giunta al termine. Ringraziandola per il tempo dedicatoci, queste ultime righe sono a suo piacimento..
Sono io che ringrazio voi per lo spazio.