A CURA DI FABIO SANSALONE E ANDREA LOMBARDI

Salve e benvenuto su Book of metal webzine. Prima di iniziare l’intervista, ci piacerebbe che si presentasse ai lettori nel modo che più gradisce.
Ciao, ragazzi! Diamoci del tu! Da appassionato come lo sono tutti, immagino, di musica (o da cuoco, mestiere che ho svolto per vent’anni) mi auguro che quest’intervista sarà per chi la leggerà un pezzo dal gusto familiare, confortevole.

Cuoco, enologo, scrittore e sceneggiatore di fumetti. Hai specializzazioni su vari fronti e, tra l’altro, molto differenti tra loro. Quale di queste ti rispecchia di più è perché?
Rubo una risposta al poliedrico artista americano James Franco: “Perché essere bravo a fare una cosa, quando puoi essere mediocre in molte?”. In realtà forse come cuoco sono abbastanza bravo, ma di sicuro preferisco di gran lunga scrivere. Scrivere per i fumetti come sceneggiatore, specie raccontare le avventure dei miei personaggi preferiti, mi sembra talmente bello che non credo di meritarlo! La mia fortuna è che i miei idoli sono diventati i miei maestri. Che oltre a essere dei bravi maestri sono anche generosi e premurosi nei mie confronti. E mi aiutano a migliorarmi.


In che modo riesci a gestire dei mestieri così diversi? C’è qualcosa che fai solo per hobby oppure sono tutte competenze che in un qualche modo svolgi come lavoro?
Giusto! Devo spiegarmi meglio! Non mi basterebbero 48 ore il giorno per far tutto. Non faccio più il cuoco da qualche anno, da quando nella Redazione nella Casa editrice Sergio Bonelli Editore hanno pensato che tutto sommato potevo in qualche maniera dar loro una mano in ufficio. Difatti, in realtà, il mio ruolo principale nel mondo del fumetto è quello di editor, di redattore, lavorando principalmente al fianco di Mauro Boselli, che – ahilui -, dopo le mie esperienze con Graziano Frediani e Maurizio Colombo i miei primi pigmalioni nell’ambito delle nuvole parlanti, ha deciso di assumermi come suo assistente, con il beneplacito dell’allora direttore Marcheselli e ovviamente dell’Editore Davide Bonelli.
Parlaci delle storie che hai scritto prima della entrata in Bonelli. Sappiamo che hai collaborato con Barnabooth, per la quale hai messo nero su bianco diversi racconti. Di cosa parlano e, la collaborazione, nello specifico in cosa consisteva?
La Barnabooth è una scuola di scrittura creativa diretta da Sebastiano Mondadori, che non è un Editore come i suoi famosi avi da cui prende il cognome, ma un grande scrittore e insegnante. Conobbi Sebastiano una decina di anni fa e lui, sapendo che nelle mie tasche non ci fosse un euro, ma che comunque nel mio petto ardesse il desiderio di imparare, strinse con me un accordo tra gentiluomini che prevedeva che lo ripagassi con il mio lavoro da cuoco. Quando capì che su di me poteva fare affidamento un po’ di più, oltre che per preparare dei manicaretti, Sebastiano mi diede un ruolo nella Barnabooth, per cui curavo il variegato blog. Dentro c’erano attori che corrispondevano dagli States, giornaliste in erba, fotografi/narratori, giovani fumettisti e fumettisti più noti. E anche qualche scrittore già affermato, come l’amica Francesca Scotti che per anni (quando mi spostavo a Milano per frequentare la redazione da apprendista) mi ha anche sopportato molto gentilmente come ospite a casa sua. I racconti che ho pubblicato con la Barnabooth sono: “L’uomo dei boschi”, una tosta e tragica storia gotico/rurale che parla di un bambino che scappa di casa e si avventura con il suo cane nelle zone dell'”Orrido di Botri” (un suggestivo canyon tra le montagne della lucchesia); “Striscine”, che racconta di un ragazzino di 11 anni e della rocambolesca giornata in cui strappò il primo bacio; e “Le code delle lucertole” una storia tra presente e passato dove si narrano parallelamente le vicende di un ragazzino e di sua nonna da giovane. Il ragazzino pensa di essere il nipote del famoso trombettista Chet Baker (ai tempi in cui scandalosamente a Lucca lo chiusero in galera), per questo chiede alla nonna di raccontargli il flirt che lei ebbe con il bluesman negli anni 60. Quest’ultimo racconto ha avuto l’onore di essere ripubblicato nella collana “I corsivi” del “Corriere della Sera” tra due mostri sacri come Calvino e Buzzati.



A seguire ci fu la rivista femminile “Glamour”, che vide la nascita del personaggio Zeno Q. B. Creato da te insieme a Rubin… Parlaci di questa esperienza.
Allora, ai tempi frequentavo la redazione Bonelli facendo un viaggio una volta la settimana verso Milano e talvolta mi fermavo a dormire. Come dicevo prima, mi ospitava la mia amica scrittrice Francesca Scotti ed è proprio grazie a lei che ho iniziato a collaborare con Glamour, principalmente nella mia veste da cuoco, lei scriveva e fotografava dei piatti che ci inventavamo e io preparavo, del tipo 50 ricette sexy da preparare in 5 min. Il personaggio di Zeno Q.B. usciva settimanalmente on line nella parte letteraria curata da Chicca Gagliardo. Nicola mi è stato consigliato da Moreno Burattini e Lola Airaghi e devo dire che ha fatto un lavoro eccezionale: oltre ad avere il giusto tratto e aver realizzato dei bei personaggi graficamente, ha saputo raccontare con talento quel tipo di mondo da me immaginato. Su questo dico ancora solo che le mie avventure preferite di Zeno Q.B. sono quelle con Zeno bambino che impara a cucinare dalla nonna.
Il tuo esordio alla Bonelli avviene nel 2014, sceneggiando un albo di Zagor. Successivamente diventi assistente di Boselli curando Tex e Dampyr, divenendo poi ufficialmente il co-curatore di quest’ultimo. Come è stato entrare a fare parte della Bonelli e diventare co-curatore di un personaggio come Dampyr? Aspiravi da subito a questo o il tutto è stata una sorpresa per te? Ci piacerebbe conoscere qualche dettaglio in più su questa esperienza che ti vede impegnato da sette anni circa in questa casa editrice così importante.
Qui si rischia davvero di annoiare chi ci sta leggendo, avrei tante cose da dire… Sarò breve: quando ero piccolo… No, dai, scherzo (ho rubato la battuta al grande Alfredo Castelli), brevemente davvero: lo Zagor l’ho scritto grazie e con Maurizio Colombo. Moreno Burattini mi aveva approvato il soggetto, ma non avrei mai potuto sceneggiarlo da solo, avevo bisogno di qualcuno che mi insegnasse il mestiere. Maurizio me l’aveva presentato Graziano Frediani. Ero un fan di Boselli e

Colombo e Graziano che lavora con Maurizio sugli Almanacchi (oggi chiamati Magazines) me li aveva presentati qualche anno prima. Graziano è milanese di adozione, ma sua mamma sta a 50 metri da casa mia. se oggi faccio questo lavoro è grazie a lui, che non solo mi ha introdotto materialmente in redazione e presentato tutti quelli con cui adesso sto lavorando, ma ha anche coltivato la mia mente e il mio metodo (ancora prima di Zagor avevo scritto dei pezzi per lui per gli Almanacchi). Leggo fumetti Bonelli da più di trent’anni e oggi lavoro con i miei idoli. Come se un musicista oggi avesse la possibilità di suonare con i Beatles stasera e con i Rolling Stones domani. Dampyr lo comprai 21 anni fa in edicola. con il mio compagno di banco a scuola ci divertivamo a fare delle storie di Dampyr copiando vignette qua e là. Mai allora avrei pensato che un giorno avrei fatto davvero delle storie di Dampyr. Piano piano è cresciuta in me l’idea di poterlo fare. E poi è successo: che fortuna avere dei buoni e generosi Maestri! Ovviamente lavorare faccia a faccia con Mauro Boselli aiuterebbe chiunque a migliorare, quindi anche un ignorante come me, qualcosa di buono alla fine tira fuori. Non mi resta che cercare di fare sempre meglio, ma non credo che arriverò mai alla bravura di tutti quelli che ho citato sopra, in questa risposta.
Il tuo ingresso nella serie di Dampyr è avvenuto nel 2017 e in una sola annata hai pubblicato con la SBE ben tre storie del nostro cacciatore di vampiri, con apprezzati riferimenti al passato della serie. Nel numero 204, ‘Bloodywood’, si rievoca il Maestro della Notte ‘cinefilo’ Musuraka, introducendo quello che sembra essere uno degli avversari più duri al momento dei nostri protagonisti, Henzig (bella l’idea di dargli le fattezze di

Benedict Cumberbatch), nel 206, ‘Il dio del massacro’, si torna a esplorare l’adolescenza del protagonista, cosa che avviene molto raramente ed è sempre bello, mentre nel 210, ‘Il figlio di Erlik Khan’, riporta in vita, seppur solo in ricordo, uno dei personaggi più apprezzati della serie, ovvero appunto Erlik Khan, il ‘nemico alleato’ dei nostri eroi. Il tuo è stato un grande ingresso, tre storie in così poco tempo e con tre soggetti molto particolari. La casa editrice e la testata in questione hanno accolto piacevolmente le tue idee e il tuo talento dunque? Com’è stato?
Alle volte si lavora tanto, poi le storie, per esigenze di programmazione, escono tutte allo stesso momento. sono storie che ho scritto nel tempo, poi per la varia velocità (o lentezza) dei disegnatori e per il fatto che prima del 200 e anche subito dopo uscivano inevitabilmente delle saghe concatenate, le tre storie che citi, sono uscite tutte nello stesso momento. Il dio del massacro è stato il primo soggetto che ho presentato a Boselli. Subito approvato iniziai a scriverlo molti anni prima. ma dovevo ancora imparare a sceneggiare (nel frattempo facevo Zagor con Colombo). Le prime 20 pagine le ho scritte e riscritte 20 volte. Alla fine Mauro mi disse: sono sceneggiate bene, adesso. Ma è un inizio inadatto per un soggetto difficile, non sei ancora in grado di gestire questa storia. E mi chiese un altro soggetto. Allora partii con Bloodywood, una storia all’apparenza più semplice che complicai dopo un pranzo con Boselli e Colombo durante il quale chiesi a entrambi che cosa ne pensavano di un amico di Musuraka… in quel pranzo, con la complicità di entrambi, nacque Henzig (il nome lo inventò Boselli per la storia dopo, in quel momento non si chiamava ancora). Poi ripresi Il dio del massacro, cambiando l’inizio e il figlio di Erlik Khan l’ho scritto dopo, quando ho saputo che fine avesse fatto Erlik in qualche storia prima. Grazie a Del Campo, che è stato veloce, sono riuscito a uscire in quell’anno con la terza storia a settembre.

Questa buona considerazione si può notare anche nel fatto che sia nel 2019 che nel 2020 i tuoi albi (‘L’amica mortale’ e ‘Il licantropo di Matera’) sono stati i numeri mostrati a Lucca durante la fiera, momento molto importante e su cui si punta tanto. Sicuramente è una situazione che mente in buon luce il nome di un fumettista. Hai sentito molta responsabilità addosso? Per l’edizione di quest’anno (che ancora non si sa come si svolgerà esattamente) ci sarà ancora un tuo lavoro?
Sicuramente LC&G è un momento importante non solo per il fumetto ma per la cultura pop e non solo italiano, ma mondiale. Diciamo che immeritatamente partecipo sempre da coprotagonista perchè a Lucca ci sono nato e gioco in casa, tornando qui tutti i weekend da Milano per guardare la partita dell’Inter sul divano con mio papà. Anche se siamo vicini all’edizione 2021, la situazione planetaria non permette ancora certezze. Io mi adopererò per far qualcosa, ma, come dicevo prima, altre volte mi hanno concesso questo immeritato privilegio e non è detto che questa volta sarà così.
Progetti futuri per la serie su cui stai lavorando?
Ho la fortuna di scrivere (e sto scrivendo storie) per Tex, Zagor e Dampyr, che sono i miei personaggi preferiti. In questo momento in edicola c’è una mia storia di Dampyr disegnata da Andrea Del Campo e a novembre uscirà una storia di Tex Willer disegnata da Fabio Valdambrini a cui tengo molto dove si rivedranno personaggi cari ai lettori di Tex… E, con Paolo Bacilieri, continuo a portare avanti “Susy & Merz”, l’anziano professore e la giovane studentessa, personaggi che ho creato proprio insieme al grande artista e amico veneto noto come il Roby Baggio del fumetto.

In conclusione, ringraziandoti per il tempo dedicatoci, puoi chiudere questa intervista a tuo piacimento…
Chiudo anch’io ringraziandoti e ringraziando tutti i lettori e i miei maestri. Se faccio quello che faccio, è grazie a loro. Sono e saranno la mia fortuna: ho ancora talmente tante cose da imparare da loro che mi dovranno sopportare più a lungo che potranno!