Eriphion

RECENSIONE A CURA DI ENZO “FALC” PRENOTTO

Si leggeva in queste ore un interessante articolo su come si potrebbe evolvere il mondo musicale ed il redattore di turno ipotizzava che sarà proprio l’underground a sopravvivere grazie al fatto che quel mondo è molto meno legato ai numeri di vendita. Effettivamente le idee espresse non sono così infondate dato che sono i nomi grossi quelli più in difficoltà, specie in questo particolare periodo mentre i gruppi più sconosciuti in qualche maniera sopravvivono sempre. I misteriosi Eriphion sono una di queste bands che, noncuranti di tutto, vanno avanti a testa alta. Questo progetto nasce nel 2018 e dopo qualche EP, un singolo ed un album, raggiunge la seconda tappa con il qui presente Ερίφιον2​-​ΑναδόμΗση. Non è stato semplice reperire le informazioni ma a quel che si sa tutto fa capo ad un, o una, musicista di Atene a nome Emm. o Εμμ iniziando la propria carriera con il black metal per poi arrivare recentemente con qualcosa di più elaborato e, ci si passi il termine, marcio per non dire disgustoso, nel senso di non essere fatto per compiacere la normale audience metal.
L’evoluzione dagli esordi ad oggi non è stata così costante. Gli inizi erano caratterizzati da un approccio black metal tutto sommato canonico con qualche influenza ambient e soprattutto con una buona pulizia di suoni. Qualcosa ha iniziato a cambiare con l’EP del dicembre 2020 Θανατογραφία che ha segnato un forte distacco dal passato. La produzione si è fatta lo-fi, le sonorità primordiali si sono annebbiate facendosi molto fumose e sulfuree. Il nuovo album rincara ancora di più la dose dando sempre di più la parvenza di essere indipendente con un modo di fare musica molto più “artistico”. Il black metal oramai viene destrutturato e smembrato violentemente seppure mantenga una certa ferocia e velocità nelle prime due tracce. La prima, “Παντοτινά Πάλ”, ha dalla sua chitarre storte e rugginose che si amalgamano ad un miscuglio di noise rock, psichedelia, bordate elettroniche e screaming assortiti con alcuni riffs chitarristici malvagi che nel finale portano alla follia. La seconda traccia, “Κατά συρροή ανεύθυνοι φίλοι”, presenta ancora qualche traccia metal grazie ai blast beat della drum machine ma vira su di un industrial apocalittico con una chitarra distorta fuori da ogni controllo con dei riffs sempre più fragorosi e malati. A far da padrone stavolta è un’elettronica stridente che si impone in maniera deflagrante assieme ad un basso che fa sanguinare. Non ci si preoccupi perché è solo l’inizio. Già a questo punto il grosso della malcapitata audience potrebbe avere dei problemi di comprensione grazie ad episodi sempre più inquietanti come l’ambient arcano di “Βασικές υποθέσεις” con i suoi echi space rock, l’infernale “Ώρες” tra rallentamenti e mitragliate o anche la marziale “Εκεί στον άλλο αστερισμό” scandita da beat possenti e pulsioni di basso mentre nel mezzo la chitarra intona una deviata cantilena acidissima che profuma molto di est europeo creando poi un crescendo di rumori. Per non farsi mancare nulla ecco comparire un episodio bizzarro e quasi sconnesso ovvero “Βουτώντας στο Κενό”, un blues iper distorto con un cantato drogato alla Tom Waits ed una chitarra già più udibile se paragonata alle grattate distorte modello trapano elettrico delle altre tracce.
Un album forte e deciso, sguaiato, totalmente DIY e adatto a pochi cultori di sonorità totalmente dedite al rumore. Appassionante e che può avvicinare una folta schiera di appassionati segnando un’evoluzione gradita e piacevole. Un modo particolare di modernizzare la psichedelia. VOTO 7.5

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