RECENSIONE A CURA DI YURI FRONTEDDU

Il calar delle tenebre è inevitabile all’interno di una band atmospheric doom metal. Per di più, quando gli stessi componenti provengono da scuole melodic death metal, ecco che l’efferatezza di un sound più deciso e devastante travolge le canzoni in questo stesso stile. Questa è la sintesi generale di Last Millenium, la terza Opera oscura dei Dionisyan, gruppo italiano proveniente dalla provincia di Palermo e all’attivo dal 2010 con ben 3 full-length.
Progetto musicale ideato da Tregor Russo, con l’accompagnamento di Alessandro Basso (basso) e Silvia Balistreri (voce solista), nascono come band atmospheric doom metal lirico con voce femminile, di tanto in tanto spezzato dalle catene di una voce più cruda e gutturale maschile (nel primo album adoperata da Ignazio Conticello). Si può quasi pensare, dunque, come inizi ed albori votati al funeral doom metal, ma rimanendo su un suono più classico e meno sinfonico del genere. È dunque possibile ricondurre il sound dei Dionisyan a quello dei Draconian o degli ormai sciolti Peccatum. Col secondo album, Delirium and Madness (Concerto Grosso Opera №2 in G Minor), definiscono l’intenzione di assimilare più dall’atmospheric doom di stampo lirico, mettendo un attimo da parte la parte più funeral del genere, tutto questo inoltre fra un cambio di lineup, ma con sempre Tregor Russo a dirigere quella che può definirsi letteralmente l’Opera lirica atmospheric doom metal di loro creazione.
Veniamo dunque a Last Millenium, uscito nel 2021 per Decibel Productions, l’album più viscerale della band in quanto in lineup presenti solo Tregor Russo come polistrumentista e Maryanne Bonfante come ospite per la voce femminile nelle tracce “Presages Of Decay” e “Horacle Divine”. Non limitandosi ad analizzare traccia per traccia l’intero album, si rende indispensabile dire che l’album in sé presenta similarità fra tracce, composte dietro arazzi atmospheric doom metal più tendenti al death/doom per via della voce in growl di Tregor, dunque in definitiva come terza evoluzione dei Dionisyan. In tracce come “Dismal Emptiness”, “Predictions”, “Dust In The Ashes” o “Cage of Eternity” è possibile rimarcare l’originalità di un sound tanto tetro, quanto violento e votato questa volta ad una sonorità death/doom metal alla Advent della Russia e sapendo che l’anima della band provenga principalmente da Tregor Russo è piacevole avvertirne le viscere artistiche in questo senso.
È un genere sicuramente molto di nicchia, più dello stesso funeral doom metal già di nicchia, dunque generalmente poco conosciuto e contante [purtroppo] pochi gruppi alle conoscenze degli amatori stessi. Concepito all’interno di Last Millenium vale, dunque, la pena di essere diffuso su tutte le piattaforme e social conosciute, in quanto nel complesso questo album sia ben composto ed abbia un suo senso nelle sue 9 tracce. Si possono denotare come punti di forza e di attenzione in tutte le tracce, specie in “Presages Of Decay”, le metamorfosi ritmiche e gli arpeggi melodici e violenti di chitarre e basso, con scale di accordi e insiemi di note che ricordano molto il death metal come già anticipato. Soprattutto, le parti di voce pulita adoperate da Tregor sono, ad avviso del redattore, le parti migliori in quanto manifestino direttamente e più chiaramente l’anima e il senso di Last Millenium, dando dunque la giusta tinta di oscurità al disco. Ultimo ma non per poca importanza, si ritiene opportuno osservare che i blast beat presenti in alcune tracce, come “Garden Of Lost Shades” o “Spheres Of Hourglass”, completino con molto carisma e decisione lo stile atmospheric death/doom metal dell’album.
Per concludere, sebbene ci siano alcune particolarità non molto apprezzate, come il contrasto fra musica e canto in alcuni brani o il growl un po’ offuscato dalla strumentazione, Last Millenium fra la discografia dei Dionisyan è un album interessante, di provenienza diretta dall’anima del suo artefice, Treg+or Russo, ma oggettivamente ancora non sradica dal primo posto il suo precedente secondo, Delirium and Madness (Concerto Grosso Opera №2 in G Minor), in quanto considerabile fra un album di sua massima espressione per quanto riguarda il genere. Resta, comunque, oggettivamente migliore del debut album The Mystery of Faith, in quanto album più deciso, dalle idee più cardinali e salde, come si avverte dall’insieme di tracce, con infine la presenza di azzardi di sperimentalità, di certo qualità sempre apprezzata in un genere di base fatto di poche e riconoscibili caratteristiche. VOTO 7.8