RECENSIONE A CURA DI Claudio “Klaus” Causio

Damiano Biasutto ha pubblicato il suo terzo album, Powered by Steel, nell’agosto di quest’anno, dopo Minstrel of the Dark (2019) e Dangerous Railway (2020). Come i due predecessori, anche il nuovo lavoro presenta una formazione “one man band”, in quanto lo stesso Damiano si è occupato, magistralmente, di tutta la sezione strumentale, che in realtà è l’unica presente, non comparendo in questo come negli altri dischi alcuna voce. L’intera struttura dell’album è volta, infatti, ad esaltare le doti del chitarrista nello strumento che gli compete, anche se Biasutto dimostra buone abilità anche alla batteria e al basso, con il risultato che, alla fin fine, se non venisse specificato dalla copertina nessuno si renderebbe conto che dietro a Powered by Steel vi è un solo musicista. Al di là, poi, di un discorso strettamente tecnico, c’è da dire che Biasutto si è occupato anche della registrazione e della produzione dei suoi lavori, il che non può che esaltare ancor di più le abilità del compositore.
Il suono, discreto e pulito e la ritmica strizzano l’occhio al classic metal degli anni ’80. Come si diceva, non è presente alcuna sezione vocale, ma è la chitarra solistica di Biasutto ad assumere il ruolo di protagonista come farebbe un qualsiasi cantante: i brani non girano solo ed esclusivamente attorno a lei, ma testimoniano una certa cura ad ogni aspetto, ritmico o melodico che sia, fra riff di basso e fill di batteria, che restituisce la sensazione, come si accennava, di trovarsi di fronte ad un’intera band di almeno quattro elementi. La chitarra solista, in un certo senso, “canta”, esibisce melodie accattivanti, coinvolgenti, che, tra strofe e ritornelli, semplicemente mancano solo delle parole. Incrociando un heavy metal di stampo classico, quindi, con influenze proto-power come possono essere quelle di Malmsteen, il chitarrista friulano presenta un Powered by Steel dall’ascolto piacevole e godibile, prestando particolare attenzione a non annoiare: otto brani melodiosi, mai egocentrici, ovvero mai connotati solo all’esaltazione della tecnica del musicista, particolarità questa che spesso rende sterile un lavoro prettamente strumentale, in quanto volentieri chi ascolta non è interessato a venire a conoscenza delle doti di chi suona ma solo a godere di buona musica. L’egocentrismo di tanti lavori solistici spesso chiude su di sé il disco, si tende a comporre brani estremamente complessi solo per mettere in mostra la propria bravura. Non è il caso di Powered by Steel, in cui Biasutto vuole divertirsi e divertire e semplicemente mettersi alla prova nella scrittura, in generale. Ebbene, obiettivo raggiunto, il disco è divertente e piacevole.
Da un lato prettamente tecnico, tuttavia, non notiamo alcuna innovazione, sia rispetto al genere in senso lato, sia all’interno del lavoro stesso: le sonorità sono sempre le stesse, per di più poco personalizzate, le ispirazioni sono fin troppo chiare, anzi, forse prendono fin troppo il sopravvento sulla creatività dell’autore. Ciò non toglie, però, che alcuni brani, ad un ascoltatore interessato solamente a godersi del sano metal, non possono che risultare coinvolgenti: è il caso della title track, Powered by Steel, e di Heavy Parade, la quale si discosta particolarmente dal resto del disco per una melodia molto catchy che permette a questo brano di emergere rispetto a tutto il resto. Una nota stonata, a parere di chi scrive, è l’eccessiva durata della traccia di apertura, Master of Illusions, che rischia di scoraggiare l’ascoltatore a proseguire nell’esplorazione del lavoro. Per il resto, tutto risulta ben bilanciato e scorrevole, per quaranta minuti di metal mai noioso.
Insomma, cosa possiamo dire di questo album? È sicuramente un buon lavoro, ben scritto e prodotto, è orecchiabile e piacevole, ma al contempo poco autonomo rispetto alla tradizione, pagando forse un tributo troppo salato nei confronti di band come Maiden o Metallica, laddove il sound si avvicina troppo addirittura al più recente Senjutsu, o di artisti individuali come il già citato Malmsteen. Sicuramente, il fatto che si tratti di un album interamente strumentale, all’interno di una discografia altrettanto interamente strumentale, certo non aiuta, nella popolarità, il chitarrista friulano, in un panorama già abbondantemente saturo di prodotti simili dal punto di vista della struttura. L’impressione che Powered by Steel lascia è quella di essere incompleto, o meglio, di avere il potenziale per qualcosa in più: con le giuste voci, Biasutto avrebbe potuto aspirare a rilasciare un album simil-turilliano, nei tempi in cui il corregionale del Nostro si lanciava in progetti come Kings of the Nordic Twilight, insieme con Olaf Hayer. Ci sono infatti dei brani, come la già citata Heavy Parade, che, con un arrangiamento comprendente una linea vocale, sarebbe stato interessante ascoltare dal vivo, oltre al fatto che praticamente tutte le melodie si prestano ad un simile processo di scrittura. Insomma, in poche parole Biasutto scrive per una band che purtroppo non esiste, e sottolineiamo “purtroppo” perché, con una formazione “standard”, oggi avremmo parlato di un Signor disco, mentre stiamo invece parlando di un ottimo lavoro, ma che suo malgrado e per forza di cose non potrà arrivare a tutti. Voto: 7.0