Crawling chaos

RECENSIONE A CURA DI Alex DeLarge

A ben sette anni dal precedente “Repellent Gastronomy”, tornano i romagnoli Crawling Chaos con il loro secondo album in carriera, intitolato “XLIX”, ed esce per la attivissima Time To Kill Records. Abbiamo di fronte un vero e proprio manifesto di oscurità e brutalità, che attinge da svariati generi estremi, mescolando con sapienza death metal, grind e black metal. L’iniziale “My Golden Age” parte con note atmosferiche, fino ad esplodere in tutta la sua potenza. Interessante come la band riesca a inserire una buona dose di melodia in una proposta così intransigente. Ne è prova l’assolo di chitarra posto verso la metà del brano, a cui segue poi un rallentamento dove tutti gli strumenti si fanno sentire, come il basso pulsante di William. Un brano che mette sin dall’inizio le cose in chiaro. Qui non si scherza, e i sette anni di attesa sono valsi a qualcosa. La seconda traccia, “The Prince Is Here” è semplicemente stupenda. Costruita su un riffing che molto deve ai Morbid Angel, la band costruisce un brano che però si rivela vario e non senza qualche sorpresa. In partcolare, stupiscono gli stacchi più lenti, che suonano talvolta anche dissonanti e mai scontati. Il growl di Manuel è da manuale del death metal, profondo e intimidatorio. La band gode di un sound a dir poco spettacolare che fa decollare ogni brano, e questo è innegabile. Una produzione che rimanda ai grandi nomi del genere e assolutamente al passo coi tempi, che fa esplodere altre bombe sonore come “Block And A Bloody Knife”, traccia che fa emergere l’amore della band per gli inossidabili Immolation, molto probabilmente. Altre bordate sono date da “49th, Or The Law Of Desperation”, “Ishnigarrab, Or The Awful Offspring Of The Goat” e dalla particolare e sfaccettata “Covered In Debris”. Quest’ultimo brano si discosta un po’ dai soliti canoni super brutali per ampliare il proprio raggio d’azione in un qualcosa di violento ma quasi sincopato. Ottime intuizioni che portano poi all’ultimo brano in scaletta, “Doom of Babylonia”, forse il pezzo che ha più influenze black metal al suo interno, nonchè un assolo con tanto di chitarre gemelle che ci riporta alla NWOBHM.In definitiva: disco praticamente senza difetti, completo e molto maturo. Tecnicamente e compositivamente siamo su livelli stellari, quindi il mio consiglio è quello di non farvi scappare questo album, praticamente imprescindibile per gli amanti del metal estremo a 360°. VOTO 8

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