RECENSIONE A CURA DI CLAUDIO “KLAUS” CAUSIO

Saluto il 2021 recensendo l’ultima uscita dei Condemned Till Dawn, band statunitense che propone un death metal decisamente sinfonico e ben studiato. Devo ammettere che non conoscevo il gruppo fin quando non è arrivato in redazione The Huntsman, album che tratteremo in questa sede, un EP della durata di circa ventisette minuti, e certo l’impossibilità di reperire informazioni, anche solo biografiche, rende il nostro lavoro ben più complesso, a maggior ragione se si tiene presente che i Condemned Till Dawn propongono uno stile di difficile ascolto, sebbene sia reso più delicato e orecchiabile dalle melodie sinfoniche. Non potendo, dunque, attingere ad alcuna informazione utile per il lettore più interessato ad inquadrare un disco nel suo contesto, ci lanciamo immediatamente nell’ascolto di The Huntsman, per trarne poi le nostre conclusioni.
L’EP si compone di sei tracce, di cui una strumentale, e come si è detto offre un sound che si getta a capofitto nella tradizione symphonic-death metal, enfatizzando entrambe le componenti della ben nota sinergia. Le melodie sono orecchiabili, accattivanti, ben distinguibili, favorite dalla ottima produzione oltre che da una buona capacità di scrittura. Le chitarre si armonizzano, la batteria non si lascia andare mai a blast beat non necessari, il basso è educato e segue melodia e ritmica diligentemente. Insomma, il tutto è ben equilibrato al fine di offrire, anche grazie ad alcuni ‘trucchetti del mestiere’, una bella esperienza all’ascoltatore, aspetto che traspare sin dalla prima traccia, la strumentale Set Sail, che immerge il pubblico nelle atmosfere giuste. Su un simile fondamento si inserisce poi la voce, sempre in scream, sporca e graffiata, al punto da non lasciare intendere, del testo, neanche una singola parola, come da tradizione.
Dopo Set Sail seguono le cinque vere canzoni che compongono The Huntsman, in ordine: Predators of the Night, Turning of the Tides, Cry for Victory, World Wreathed in Flames e Blood and Steel. Abbiamo voluto semplicemente elencarle perché non abbiamo notato alcuna differenza stilistica evidente nel percorso che conduce l’ascoltatore dall’inizio alla fine del viaggio. Lo stile offerto già in Predators of the Night si ripropone per l’intero EP senza il minimo accenno di innovazione, come se i ragazzi dei Condemned Till Dawn si accontentassero del loro death e che esso sia il più estremo possibile. È vero, qua e là inseriscono elementi del tutto estranei a quanto stiamo ascoltando (ad esempio un pianoforte), ma è troppo poco per gridare all’originalità o alla versatilità.
D’altro canto, però, come si accennava poco fa, i Condemned Till Dawn dimostrano ottime qualità nella scrittura e nell’esecuzione: non mancano assoli di chitarra piacevoli, che sposano alla perfezione composizione e tecnica, mettendo la seconda a totale disposizione della prima al fine di offrire a chi fruisce della loro musica una bella esperienza. Il bilanciamento del suono è ottimo e riesce ad esaltare e far risaltare non solo ogni strumento, ma ogni linea, senza tuttavia strafare. Ciascun riff, ciascun solo si trova al posto giusto e al momento giusto, merito, lo ribadiamo, delle capacità di scrittura dei nostri, laddove la produzione fa il resto, permettendo a tutte le componenti del disco di esprimere il loro non plus ultra.
Traiamo le nostre conclusioni. I Condemned Till Dawn sanno scrivere nonostante le (apparentemente) poche uscite discografiche (un solo album prima di The Huntsman), ma non esprimono tutte le loro abilità, dal momento che si fossilizzano troppo sul death sinfonico, o meglio, sui suoi principali dettami, e non osano qualcosa in più, non inseriscono nel sound che hanno imparato ad esprimere qualche elemento non necessariamente innovativo, ma che spezzi la catena qua e là. The Huntsman risulta perciò un EP buono dal punto di vista compositivo e tecnico ma del tutto statico, troppo uguale a se stesso, ripetitivo e, forse, per un ascoltatore non avvezzo al genere, a tratti noioso. Dopo i primi due brani è già stato ascoltato del tutto, il che non rende giustizia non solo alla band ma anche alle altre canzoni e alla fatica, fisica ed economica, che, lo sappiamo tutti, è necessaria per scrivere, produrre e pubblicare anche solo un lavoro da ventisette minuti. Perciò, dalla mia posizione modesta di un recensore che non si destreggia con facilità nel metal estremo, consiglierei ai Condemned Till Dawn di provare ad offrire anche qualcosa di diverso, pur rispettando le linee guida del genere che hanno sposato: voci pulite, cori, ballad. Che osassero, perché ne sono pienamente in grado. VOTO 6.5