RECENSIONE A CURA DI ENZO “FALC” PRENOTTO

Non sono poche le cover band che decidono di cambiare strada per dedicarsi alla musica originale, alcune con risultati buoni ed altre che si rivelano essere unicamente dei musicanti fallendo e tornando a fare quello che facevano prima. I lombardi Chrysarmonia nascono nel 2017 e vedono una formazione a quattro con Vania Guarini alla voce (si occupa anche di musica e testi), Fabio Chiappella alla batteria, Davide Paggiarin alla chitarra e Simone Pampuri al basso. Successivamente viene pubblicato un EP chiamato Metamorphosis che permette al gruppo di partecipare a diversi contest dell’area lombarda finché nel 2019 si decide di rimettere mano al DEMO di esordio per riregistrarlo e curarlo maggiormente e di cui si parlerà in questa recensione in attesa di futuri sviluppi del gruppo.
Bisogna partire da una premessa che si ritiene necessaria. Il fatto che i musicisti provengano da una cover band (chiamata “5 A CASO”) che era sulla scena da circa dieci anni, fa comprendere di più la situazione di queste nuove tracce. Partendo dalla composizione curata, come già detto, interamente dalla vocalist Vania, c’è da dire che non c’è una direzione particolarmente chiara anche se le basi potrebbero essere poste sull’alternative metal. Episodi come l’hard&heavy di “Perfect” o la più melodica “Victim” mescolano discretamente riffs duri e veloci, qualche melodia più particolare ed una scrittura molto basilare segno che c’è molto da lavorare su questo aspetto; anche la semi ballad “Piece Of My Dream” sebbene sia ben bilanciata fra durezza e pacatezza non offre momenti brillanti o hooks efficaci che permettano di entrare nell’atmosfera. Gli altri due brani che compongono questo EP cambiano le carte in tavola presentandosi in maniera fin troppo bizzarra. Appare un certo neofolk incrociato con l’alternative nella stramba “Fast” (brano scritto in memoria delle vittime della strage di Nizza nel 2016) dove la voce femminile riesce ad emergere grazie ad una buona potenza nelle strofe e nei cori, peccato però che ci sia un assolo di chitarra fin troppo scolastico e statico. Non va meglio con “I Know Who I Am” (ritorna il mood folkeggiante) che denota nuovamente degli arrangiamenti strumentali scarni e basilari dove la sola potenza dei vocalizzi soul non bastano a tenere a galla delle tracce troppo fiacche che necessitano molta più grinta e convinzione. Anche la produzione migliore aiuta poco e buttarsi in un mondo competitivo come quello odierno, pieno di belve feroci al pari dei Piraña di Joe Dante, senza avere dei solidi attributi può essere un grosso rischio. E’ presto per dare un’opinione oggettiva sul valore della band, per quello si aspetterà il vero e proprio album di debutto che dovrebbe uscire verso la fine dell’anno.
Al momento si consiglia alla band di lavorare duramente, scrollarsi di dosso le cover e cambiare totalmente mentalità perché il mondo della musica originale è un’altra cosa. VOTO 5.5