A cura di Enzo “Falc” Prenotto
Premessa: Come tutto ebbe inizio…

Non è mai semplice far partire qualcosa di importante che si rivela forse essere l’impresa più ardua che metterebbe in soggezione anche il più coraggioso degli eroi. Questo articolo vuole essere una prima parte , o premessa, a probabilmente uno dei decenni che più hanno sconvolto la musica di tutto il mondo ovvero la decade degli anni 60’, periodo spesso sottovalutato, ignorato o ricordato unicamente per i nomi mainstream dimenticandosi erroneamente che moltissimi esponenti musicali hanno contribuito a creare quel fenomeno sociale chiamato ROCK. In effetti il genere nasce da cause in primis socio-economiche (ci si arriverà con calma in seguito) e che vedrà il rock’n’roll del passato trasformato in una sorta di mostruosa idra che con le sue innumerevoli teste avrebbe segnato in maniera inesorabile il futuro della musica.

Bisogna partire innanzitutto da un’ulteriore balzo nel tempo e ritornare verso la metà degli anni 50’ dove, in America, il massiccio blues dei chitarristi di Memphis come Joe Hill Louis o Pat Hare e tanti altri stava lasciando spazio a qualcosa di diverso. Si stavano affacciando alla finestra i vagiti di quel rock’n’roll (termine nato nel 1934 grazie alla canzone Rock and Roll delle Boswell Sisters ma usato in maniera più popolare molti anni più in là) che poco più avanti avrebbe sconvolto tutti. Il genere si fa sempre più pressante nella vita delle persone e molti musicisti dell’epoca cominciano a sfondare con vigore la scena musicale.

Nonostante importanti rappresentanti del blues nero più aggressivo come il notevole Bo Diddley con il suo micidiale stile roccioso, ai limiti dell’hard rock, e future stelle come John Lee Hooker (il furente singolo Boom Boom del 1962) o il bellissimo esordio R&B di Alexis Korner’s Blues Incorporated (R & B From The Marquee, sempre inizio anni 60’) il rock asfalta definitivamente tutto e tutti.
Classici senza tempo irromperanno nelle radio come l’anthem “Rock Around The Clock” di Billy Haley o la micidiale mitragliata “Johnny B. Goode” (ma anche illustri colleghi come Little Richard con il suo “Tutti Frutti”) oppure l’altrettanto potente fucilata targata 1956 del maestro Chuck Berry chiamata “Roll Over Beethoven” .

Nello stesso tempo continuerà a creare consensi anche la scena bianca, nata ad inizio decade, del rockabilly con Elvis Presley (la leggendaria “Jailhouse Rock”), Buddy Holly (si ascolti il pezzo “Rave on!”) e Jerry Lee Lewis con la sua devastante “Great Balls Of Fire” ma anche il mitico Ritchie Valens con “La Bamba” che conosce praticamente tutto il mondo. Il risultato di tale sfida di etnie fece vincere (forse neanche così giustamente) la corrente rockabilly lanciando tra gli dei della musica Elvis Presley a cui fece eco una netta risalita del rock’n’roll nero ad inizio anni 60’ seppur non così consistente come avrebbe meritato.


Dall’altra parte l’Europa, con la ancora acerba scena inglese, tentava di reagire debolmente ma senza particolare successo eppure qualcosa si stava muovendo nell’ombra ma a rilento dato che il dopo guerra aveva segnato profondamente il mondo intero iniziando però un nuovo corso storico. In quegli anni si assiste alla «guerra fredda» tra USA e URSS ed iniziano agli interventi americani per risollevare l’economia europea (Piano Marshall) e alla nascita di organizzazioni atte a regolamentare i rapporti economici e politici mondiali (ONU, CEE, FAO, UNESCO) e militari (NATO).

In qualche modo l’America, nonostante le grosse problematiche con l’URSS, a livello sociale ha avuto un colpo molto meno duro della situazione oltreoceano ed in qualche modo anche la componente musicale ha un impatto maggiore anche a livello di inventiva. L’Europa dopo il secondo conflitto mondiale ne esce molto più devastata fra povertà, economia in ginocchio, la paura della bomba atomica, continue tensioni politiche e sociali. Non è una sorpresa infatti che l’arte fatichi ad ingranare.
Eppure man mano che la situazione migliora il cambiamento si fa più limpido. Le migliori condizioni che si creano portano ad uno sconvolgente incremento delle nascite generando una nuova generazione di giovani molto più consistente. Il benessere creato dallo sviluppo industriale e tecnologico stimola in seguito investimenti nell’arte e nel tempo libero favorendo la crescita della cultura e qui entra in gioco l’Inghilterra che da lì a poco sarebbe diventata “La Potenza Musicale” degli anni 60’ diventando così l’acerrimo rivale al dominio degli USA. La musica diventa qualcosa di centrale nella vita dei giovani creando così un’importante venatura sociale creando aggregazione e visioni positive per il futuro senza per forza che l’elemento “di vendita” sia così importante.
Emersero quindi due nuove realtà. Da una parte l’America, che voleva rivendicare il suo primato musicale, smosse le acque facendo nascere il surf rock, anch’esso nuovo come genere musicale, di cui fu pioniere Dick Dale. Dick Dale & The Del Tones esplosero con pezzi strumentalmente molto potenti del calibro di “Misirlou” (ripresa poi dal meraviglioso Pulp Fiction di Quentin Tarantino) e furono accompagnati dagli scanzonati The Beach Boys che nello stesso periodo fecero saltare per aria tutti con l’hit “Surfin’ U.S.A.”

Due modi di intendere il surf dato che Dale puntava a suoni di chitarra molto più aggressivi (in qualche modo fu precursore del mondo dell’heavy metal) mentre i The Beach Boys erano molto più easy devoti al divertimento. Ma l’Inghilterra non rimase per molto tempo a guardare…
E fu così che si arrivò al, forse, vero e proprio anno spartiacque ossia il 1963!

TO BE CONTINUED…