RECENSIONE A CURA DI ENZO “FALC” PRENOTTO

La storia dei Briton Rites non è certo delle più allegre però da un certo punto di vista fa riflettere su quanto la passione per quello che si fa vada oltre ogni barriera o sofferenza. Il quartetto americano nasce da una costola dei Born Cauldron per volontà del chitarrista Howie Bentley che decise di unire il suo amore per la letteratura gotica ed i film horror con delle sonorità heavy (ispirandosi a bands come Black Sabbath e Witchfinder General). Dopo il completamento della lineup nel 2010 esce il primo disco For Mircalla che diviene una sorta di culto nella scena underground. Durante la scrittura del secondo album però arriva la tragedia e la moglie di Howie si ammala gravemente per poi morire nel 2014. Il chitarrista decide quindi di mollare la musica a tempo indefinito finché dopo anni c’è la rinascita con il nuovo album Occulte Fantastique che prosegue il sound a base di doom metal iniziato tempo prima.
Questo disco potrebbe essere una sorta di manuale per chi vuole capire come si scriva un riff di chitarra data l’enorme presenza di giri chitarristici perfettamente equilibrati tra potenza, groove e melodia. Mr. Bentley si rivela un riff master al pari di moltissimi chitarristi spesso ignorati (Kurdt Vanderhoof o John Ricci per fare qualche esempio) ed è incredibile come riesca a tenere alta l’attenzione anche nei pezzi più lenti ed ossessivi. Il lavoro di chitarra qui spazza via davvero il 90% dei chitarristi metal attuali con bordate micidiali come “The Demon Love” (attenzione agli assolo) o la furia mistica della sabbathiana “Strange But Beautiful” per non rimettere in gioco lo spettacolare lavoro solistico nella lancinante “The Witness” o nella finale titletrack “Occult Fantastique”. Quando però ci si scatena con pezzi più d’assalto non c’è sfida per nessuno. La sei corde macina note su note a livelli incredibili nello scatenato e rugginoso riffing di “My Will Be Thine” (con quella cavalcata epic d’altri tempi) dove viene fuori anche il fantasioso basso di John Leeson che assieme a Corbin King forma una sezione ritmica davvero incandescente specie in “The Wizard’s Pipe”. Da non sottovalutare il cantato del singer Phil Swanson dotato di un’ugola che ricorda sia il timbro di Ozzy Osbourne che Mark Shelton dei Manilla Road che accompagna i musicisti in maniera perfetta e pure nei pezzi più esplosivi come la sporca “The Masque Of Satan” (si sontono echi di sludge nella chitarra) o nella distruttiva ed anthemica “In Hell I Will Rule” dove emerge anche un’ottima cura dei suoni che fanno letteralmente esplodere le casse anche grazie ad un rallentamento finale da brividi. Un vero peccato che gruppi del genere siano poco conosciuti perché questi quattro musicisti fanno davvero faville e la band pare rinata dando poi gran lezione su come di debba suonare facendolo con umiltà e cuore.
Non c’è molto da aggiungere. Gran ritorno e grande album per gli amanti del doom, dell’epic ma per tutti gli appassionati della grande musica. Da prendere a scatola chiusa! VOTO 8.0
Phil Swanson—Vocals
Howie Bentley—Guitars
John Leeson—Bass guitar
Corbin King—Drums