Belle Morte

RECENSIONE A CURA DI Enzo”Falc”Prenotto

C’è da dire che sebbene il symphonic metal non viva proprio di ottima salute, almeno a livello di underground, compaiono sempre delle novità e nascono come funghi gruppi dediti a queste sonorità. Stavolta tocca al debutto dei Belle Morte (da non confondere con i Bella Morte americani) , progetto musicale da Belarus (Minsk), che si intitola Crime Of Passion. La band è attiva già da qualche anno e con questo primo disco mette insieme tutte le idee espresse nei precedenti singoli e soprattutto dal primo EP chiamato Game On. Il concept che sta alla base delle sonorità proposte è incentrato su di un libro del 1963 ovvero “The Collector” di John Fowles da cui venne tratto anche un film un paio di anni dopo. Il romanzo narra di una studentessa d’arte che viene rapita da uno psicopatico che la tiene segregata in una cella. La storia poi racconta le due diverse prospettive dei protagonisti ed in qualche modo i Belle Morte cercano di giocare su questo contrasto offrendo un metal moderno mescolato con elementi sinfonico/elettronici.Nulla di nuovo sotto il sole in realtà L’immaginario teatral/gotico a cui si ispirano i musicisti lascia un po’ il tempo che trova e sta invecchiando davvero male tranne rari casi. Non aiutano nemmeno i banali titoli delle tracce che paiono davvero degli scarti di tutto ciò che uscì dagli anni ‘90 (senza contare tutta la corrente dark del decennio antecedente) e nemmeno le parti prettamente metal del disco che già nei primi brani mostrano davvero la corda. I pattern di batteria (presumibilmente elettronica) sono davvero scarni e basilari mentre le linee di chitarra sono totalmente insapori con i classici riff innocui e compressi che rispecchiano quanto il metal in generale non se la stia passando tanto bene puntando unicamente sulla tecnica. Le sinfonie e gli assolo melodici sono alla base di “Who Are You” per poi lasciar spazio ad una delle sfumature protagoniste ovvero l’elettronica che dona un minimo di ricerca a brani come “If Only You Knew” e ben amalgamate alla voce angelica della vocalist più le tastiere epicheggianti. Spicca una buona propensione ad una costruzione efficace dei ritornelli che si lasciano ascoltare piacevolmente ed anche un approccio tendente al prog grazie a cambi di atmosfera ed intermezzi interessanti a base di piano e archi (“To Get Her” seppure i rallentamenti siano davvero fiacchi). Finora il disco non si presenta così sorprendente ed anzi, si ispira fin troppo a moltissime bands del settore però qualche elemento interessante compare. La veloce ed aggressiva “Beauty and the Beast” mescola death melodico, sperimentazioni elettroniche e qualche momento neoclassico (alcune mitragliate però appaiono fin troppo finte e di plastica) per poi virare verso i cori di “Broken Things”, sensazioni apocalittiche nelle orchestrazioni cupissime di “Lace” o puntando ad una semi ballad come “Beauty Meant To Kill” fra momenti acustici ed electro-metal. Se comunque la qualità è sempre singhiozzante sfoderando un episodio piatto come “My Legacy”, da un altro punto di vista si riesce a creare qualcosa di sfizioso a nome “My Little Demon” che offre un ottimo mix di voce soave femminile e quella maschile pulito/aggressiva (anche se colma di effetti) risultando convincente grazie ad un buon groove chitarristico ed intermezzi di violino colmi di pathos. Purtroppo non c’è mai una fluidità totale e ad ogni angolo c’è il rischio che l’ascolto si inceppi nella mediocrità ed allo stesso tempo affascinare grazie a delle idee interessanti. Un disco sicuramente che ha un valore leggermente sopra la media ma che difetta ancora di cliché oramai sorpassati e che sarebbe ora di rinfrescare. Il punto di partenza ha prospettive più che buone. Ora bisogna vedere se ci sarà la crescita e ci dovrà essere assolutamente dal prossimo album altrimenti il dimenticatoio sarà imminente. VOTO 6.5

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