Artificial eden

RECENSIONE A CURA DI LEONARDO FABBRI

Molte volte la musica progressive e nello specifico di Prog Metal viene associata all’abilità e padronanza totale dello strumento, ad arie musicali complesse, al limite della comprensione. Chi non fa parte del mondo musicale o nel ruolo prettamente esecutivo, considera il genere di nicchia, che fa talvolta figo esternare commenti su come digerire cervellotiche “dure” elaborazioni di scale minori, maggiori, dissonanti ma armoniche, costringendosi talvolta a digerire brani di 20 minuti con interludi che fanno pensare ad uno scambio di partiture, senza uscire del tutto indenni. Tuttavia il genere progressive, spaziando dalla costola del genere fusion e rock più tranquillo fino al più estremizzato nella velocità e nell’impatto sonoro induce curiosità, aspettative, che prima o poi l’arrivo di un particolare arrangiamento, un cambio di ritmo, un fraseggio, ci farà pensare… Però! Niente male, che idea! La mia personale motivazione per cui il Prog è apprezzato sta nel fatto che alla fine il giudizio potrà essere: [Non ho capito nulla, però è interessante… sicuramente è gente brava e non è facile apprezzare quello che creano. È roba per addetti ai lavori e vorrei esserlo anche io… e poi il progressive mi piace perché mi sorprende]. Come del resto Artificial Eden.
Debutto ufficiale nell’ottobre 2020 da parte del “duo” omonimo per la Boersma Records.
Non esiste un granché su di loro, web compreso, dove premetto che non sono un fulmine di guerra nel racimolare dati da aggiungere qualche recensione e qualche notizia che ritrovo nella biografia allegata dove vi è un riferimento sul loro precedente nome Quadra autori di un EP di tre brani del 2006 nel quale è possibile intuire che i restanti due musicisti Antonis Panagopoulos e Thanos Paparidis, come è noto dire, se la sono cantata e se la sono suonata , assumendo il ruolo di comprimari nella nascita del progetto Artificial Eden.
Partiamo dalla Grecia… ebbene si, come è facile intuire, il duo è originario della terra dell’Olimpo e come avrete potuto comprendere dai nomi e dalla mia insolita premessa che l’argomento proposto in termine musicale è non Hard Rock o Heavy Metal nel termine energetico, bensì Prog con mix di HR contemporaneo.
Nella sua complessità determinata dal genere, la necessità di numerosi ascolti è d’obbligo se si vuole apprezzare per intero i 6 brani che compongono questa opera in questi giorni, alcuni dei quali di oltre 7 minuti e l’ultimo di addirittura oltre 12, tanto che negli ultimi 10 giorni ho praticamente ascoltato il combo greco nella sua opera prima.
Vi parlo di un lavoro non comune. Parlare di Prog Metal è difficile e il rischio di dire cose trite e ritrite è alto. Sono qui a descrivere e documentare un opera a tutto tondo, dove la parte più aggressiva del genere, quella più hard, è si il filo conduttore dei brani, ma come il prog per definizione richiede, esiste anche l’intermezzo, fusion, piuttosto che swing, fino ad arrivare anche alla parte jazzistica e sinfonica.
Le tracks che compongono “Artificial Eden” ascolto dopo ascolto prendono sempre più forma e ogni volta emergono particolari che fanno l’essenza del Prog, ovvero unire generi, talvolta estremi, e farli apparire pian piano geniali e soprattutto apprezzabili. Io del resto apprezzo tutte le loro creature in maniera trasversale, non esaltando il brano “x” piuttosto che affondare il brano “y”. Un lavoro estremamente curato in ogni particolare, composto e suonato alla grande in ogni sua parte. C’è spazio per la melodica title track alle più heavy style “Poor Desire” e “Troughts” passando per l’epica “Lies between the lines”, alla insolita “Day of tears” per il feeling che non è un must per il prog in genere, arrivando all’ultima e più sofisticata “Land od depression” che racchiude molteplicità di accenni a generi vari.
Come mio solito fare, a questo punto della recezione, associo l’artista sotto giudizio a chi ha creato una base solida o un riferimento chiaro nel presente o passato, per cui molti possono esserne inspirati, ma nel caso del Prog in generale risulterebbe insensato, parlando dei più easy Uriah Heep ai più impegnati Genesis, Yes, ELP, King Crimson, fino ai più attuali e commerciali Dream Theater. Ognuno nel Prog gioca in solitario, come del resto lo stesso progetto Artifical Eden non risulta avere così spiccati rimandi alle band passate.
Complimenti ai signori Panagopoulos e Paparidis, menti pensanti e arrangiatori di Artificial Eden, abili polistrumentisti. Davvero un ottimo esordio.
Niente di più facile valutare Artificial Eden a livello di completezza dei brani, produzione, qualità sonora e artwork. VOTO 9

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