Areis

RECENSIONE A CURA DI Enzo”Falc”Prenotto

Una delle cose che il sottoscritto non smetterà mai di ripetere è il fatto di quanto sia difficile dare un’opinione oggettiva su di un genere che mal si digerisce o che proprio non piace. Eppure è li che si vede la differenza. Troppo comodo recensire solamente musica che incontra i propri gusti rimanendo chiusi nel proprio guscio. Armato quindi con molta pazienza, ci si accinge a conoscere un nuovo debutto ad opera degli occitani Areis (traducibile in “crescere” o “sorgere” secondo la lingua tradizionale) che provengono da Bagnols-sur-Cèze (Francia). Questo quartetto, nato nel 2019, vede in formazione alcuni ex membri di Kombur e Right To The Void ed un anno dopo la nascita firma un contratto con l’etichetta WormHoleDeath per dare alle stampe successivamente questo omonimo Areis. Non è immediato dare delle coordinate sonore precise data la moltitudine di elementi presenti. Di base il suono è moderno e molto vicino a realtà sonore figlie di hardcore melodico, deathcore, punk e metal estremo che vengono frullati assieme per creare qualcosa di personale. Molti sono i brani proposti, tutti di durata sui tre o quattro minuti di durata che riescono comunque ad esprimere al meglio il loro potenziale senza perdersi inutilmente. Sebbene l’originalità non sia poi così preponderante, il lotto di canzoni proposte potrà sicuramente attirare una nutrita cerchia di ascoltatori di differenti vedute. La componente metal viene fuori in maniera più “nascosta” senza mai prendere il sopravvento come nelle scorribande punk di “Born Again” adagiate su sterrati death metal apocalittici ma per il resto è regna incontrastato un mood più hardcore/post-hardcore sia per le soluzioni di chitarra che per i riffs (“A Wretched Vow”) spesso imbevuti di melodia che flirta talune volte con un certo post rock arioso (“Vacillate”). Di base c’è comunque moltissima potenza sonora specie nelle accelerate o nelle ritmiche spesso in evoluzione. Episodi come l’ombrosa melodia di “The Wanderer” con le sue chitarre serratissime, la velocità irrefrenabile in “Eternal Course” o l’affilatissimo guitarwork di “Le Pain Maudit” sono allo stesso tempo quadrati ma sempre pieni di piccoli dettagli come una melodia o un passaggio strumentale particolare che dimostrano che c’è una certa sostanza di fondo e non solamente un mix vocale di growl/scream furibondi uniti ai tipici rallentamenti o breakdown triti e ritriti specie nella potente “Recall” (che comunque non vanno visti come reali difetti, non per gli Areis). Nessun elemento prevale sugli altri e l’equilibrio come la qualità delle composizioni sono sempre costanti e fluidi e trovano una perfetta valvola di sfogo nelle detonazioni soniche di “You Are the Best at Your Worst” in bilico fra rallentamenti imperiosi e cavalcate furiose o nelle dinamiche strumentali di “Under The Sun” dove emerge anche un’interessante cura per i ritornelli che riescono ad essere efficaci e memorizzabili nel giro di pochissimi ascolti. Una band che riesce ad essere intelligente, non banale e che potrebbe incuriosire anche chi normalmente disprezza le derive moderne degli elementi citati in apertura di recensione. Seppure ci sia la presenza di qualche brano meno incisivo, questo debutto si rivela convincente, deciso e tecnicamente ben fatto. Un chiaro esempio di come si possa essere moderni senza snaturare il passato ma facendolo anzi rivivere in un contesto credibile ed al passo con i tempi. VOTO 7.0

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