All Against

RECENSIONE A CURA DI Enzo Prenotto

A quanto pare, specie negli ultimi tempi, il Portogallo sta rinvigorendo sempre di più la propria scena musicale. In questo caso bisogna passare per Lisbona per fare la conoscenza di un quintetto che solo dopo sei anni circa, dalla formazione, riesce ad arrivare al primo album in studio. Gli All Against si presentano al pubblico metallico con il qui presente ed anthemico I Am Alive che segue un paio di EP ed un disco dal vivo e mostrando una lineup nuovamente mutata ma che pare sia nata con il giusto affiatamento. Musicalmente si sguazza nel thrash metal nella sua accezione più classica debitrice del glorioso passato ottantiano e di impronta marcatamente americana senza preoccuparsi di modernismi o contaminazioni particolari.Niente fronzoli. La band portoghese non si fa pregare e decide di pestare duramente dritta per la sua strada. L’opener “Wake Up” con i suoi ritmi serratissimi, vocals rabbiose al vetriolo ed un mood molto thrash/death metal è chiara dimostrazione del concetto appena espresso. La costruzione delle composizioni si basa principalmente sull’alternanza di accelerazioni e rallentamenti tipiche del genere con qualche assolo da virtuoso (ed unica o quasi concessione all’aspetto melodico) e con un lavoro di basso sorprendentemente molto più sotto i riflettori rispetto ad altri colleghi. Ad ulteriore riprova arrivano a ruota i deflagranti giri del quattro corde di Luis Silva nella devastante “Fuck It All” in perfetto bilico fra groove, imperiosità chitarristica ed intermezzi melodici per non parlare delle grattate imponenti di chitarra in “Masturbation” o le derive grezze della titletrack “I Am Alive”. Si possono aprire mille discussioni su quanto possa essere utile un ennesimo album di questo tipo in ambienti saturi di tutto come nell’heavy metal però questi cinque musicisti hanno quel qualcosa in più, quel guizzo intuitivo che non li rende una mera band clone dei big del genere ma un vero e proprio gruppo con delle idee che potrebbero fare la differenza seppure ancora in maniera acerba. Le tempestose rasoiate di “Soldiers of Fate” (la batteria di Ricardo Tito mostra bene i muscoli) unite alle quadrate e tecniche “The Hourglass” e “Free In Chains” (velocissima) creano un affresco metallico piacevole che non fa mai salire troppo la sensazione di dejavù complice anche la capacità di creare dei buoni riffs come nella lunga e battagliera “Erratic Hands” dove la coppia di asce di Bruno e Sérgio fa un lavoro ottimale ben sorrette dalle aspre vocals del singer Rui Miguel. Si è deciso, come detto, di valorizzare la componente d’assalto più pura e primitiva e su questo la band ha fatto centro. Sarebbe stato interessante sentire anche “altro”, qualcosa insomma di nuovo e fresco ma nel complesso la varietà di soluzioni non manca facendo invogliare ad ascoltare più volte l’album. Da rivedere però la pronuncia inglese, che in diverse occasioni lascia un po’ a desiderare. Potenza, violenza e “metallitudine” senza se né ma. Questo si troverà in I Am Alive, nulla di più. Prendere o lasciare!!! VOTO 7.0

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